Sto svolgendo un progetto di tirocinio a scuola legato all'inserimento nelle nuove classe dei bambini che iniziano la Scuola dell'Infanzia e la Scuola Primaria. Quest'anno il tirocinio mi vede particolarmente sensibile: è già solitamente un'occasione di confonto con le altre maestre e con il sistema scolastico in generale, ma ora che sono mamma è interessante notare come i miei due ruoli, di insegnante e di genitore, si trovino a volte in conflitto, non sempre d'accordo, quasi sempre nel dubbio. Inevitabilmente, ogni volta che sono in una classe, ora guardo a quei bambini non solo come potenziali alunni ma anche come potenziali figli, soprattutto alla Scuola dell'Infanzia. Il mio sguardo sulle dinamiche in aula è allora piuttosto particolare rispetto a quello delle mie compagne che sono molto più giovani e inevitabilmente il transfert si mette in moto: e se quel bambino che piange disperato fosse mia figlia? E se fossi io la mamma che ha accompagnato a scuola stamattina quel bambino che inizia la prima Primaria? E se fossi io ad aspettare fuori dalla scuola che finiscano le lezioni del primo giorno, orgogliosa e felice? Questo doppio ruolo è spesso faticoso: come insegnante a volte mi trovo a sanzionare comportamenti che non sanzionerei come genitore (niente di particolare, anche solo il dover rimproverare un bambino perchè arriva a scuola in ritardo) oppure a considerare insistenti e apprensive le domande di un altro genitore, le stesse che però farei probabilmente anche io...è lo stesso dilemma del guidatore e del pedone sulle striscie pedonali: se siamo alla guida ci infastidiscono i pedoni e viceversa, ma in questo caso io sono sempre simultaneamente mamma e maestra, due identità che non sempre coincidono.
Ad aggiungere ulteriore movimento alla mia capacità critica, seguo con grande interesse pagine FB e blog completamente diverse, di famiglie dedite all'homeschooling/unschooling e di educatori o docenti invece completamente a favore della scolarizzazione. Io leggo tutto e da tutto mi lascio interrogare, mi ritrovo ad essere d'accordo con posizioni di entrambi gli schieramenti ed è una bella ginnastica mentale interagire con entrambe le parti, situandomi nel mezzo. Ho molti dubbi, su entrambe le scelte, ma considero fecondo questo interrogarmi, e penso che dovrebbe farlo ogni insegnante, ogni genitore. Spesso non esiste una sola scelta giusta e come insegnante, è mio dovere conoscere anche chi vive esperienze diverse dalle mie, confrontarmi, mettere in discussione ciò che studio e che vivo. Ne scrivevo già lo scorso anno: un buon insegnante deve saper essere un buon homeschooler, nel senso che deve saper inventare, proporre, ispirare attività nuove e originali, stimolanti e inusuali, invece che attenersi al libro di testo e alla didattica miniesteriale. Certo è molto impegnativo uscire dal seminato, ma è l'unico modo sensato di "fare scuola", come l'unico modo di fare qualsiasi altra cosa. Penso che la scuola sia un ambito importante di socializzazione e di apprendimento, ma che non sia e non debba essere l'unico. Ho imparato e sto imparando molto dai miei (lunghi) anni come studentessa, ma altrettanto se non di più ho imparato fuori, fin da bambina. È importante allora che la scuola non riceva una delega educativa da parte dei genitori, delle famiglie: scuola sì, ma l'apprendimento migliore e principale è e deve essere nel quotidiano, a casa, in tempi non strutturati e vuoti. La scuola non può e non deve essere un riempitivo, un parcheggio: la scuola è un'occasione importante per creare cittadinanza, confontandosi con gli altri, imparando a condividere, a dialogare, a superare i propri limiti. Ma la scuola da sola non basta, si apprende cittadinanza e si apprende sapere innanzitutto nella vita vera, non in tempi e spazi chiusi, e questo è uno dei compiti principali di noi genitori: essere vettori di conoscenza, di esperienze arricchenti, sia culturali che di incontro e dialogo con il mondo.
Condivido lo spirito di queste parole di Tom e Anna, genitori viaggiatori:
"Penso semplicemente che la scuola sia molto più di un semplice studiare biologia, geografia e inglese (tutte queste cose sarebbe si imparerebbero facilmente viaggiando). La scuola non è solo alzarsi presto, essere puntuali e essere costretti a imparare cose non necessarie. È una grande lezione di vita sociale, di vita tra molte persone diverse, di relazioni con gli altri e con se stessi. Incontrare persone che forse non incontreresti nei luoghi dove i tuoi genitori ti portano. Incontrare persone non scelte da te. Incontrare i buoni insegnanti e i cattivi maestri. E imparare ad affrontarli. [...] Perché voglio che loro incontrino il mondo reale: tutto quello che il mondo offre. Tutti i ragazzi difficili, tutti gli insegnanti sleali."
Guardando la scuola dal di dentro, come tirocinante, a volte incontro realtà tutt'altro che auspicabili per un bambino, come molte volte incontro maestre bravissime, entusiaste e preparate. Penso che la scuola sia innazitutto questo, ed è proprio il motivo per cui sto studiando per diventare maestra, e lo faccio dopo una laurea in Scienze Politiche: fare scuola è ricreare il villaggio, in cui i figli non sono cresciuti solo dai genitori e non vivono solo con i proprio fratelli o sorelle, ma si vive insieme, accanto, imparando a tollerarsi, lasciandosi ispirare dagli altri, sviluppando un senso di giustizia, imparando quali regole seguire e quali no. Come insegnante voglio offire questo: una collaborazione nel crescere con amore e sostegno anche i figli degli altri. Come genitore desidero questo: che i miei figli imparino a vivere in un villaggio con gli altri, a vivere in comunità e per la comunità.
Rimango dell'idea che una scolarizzazione precoce sia sbagliata e che la scuola dovrebbe occupare soltanto un tempo limitato nalla vita quotidiana dei bambini, rimango dell'idea che i primi maestri siano e debbano essere i genitori e che si impari molto, moltissimo anche dalle socializzazioni informali (stando da soli, stando con i nonni, stando all'aperto, viaggiando, occupandosi di cure verso altre persone, verso piccoli animali, leggendo per conto proprio ciò che ci piace, andando a mangiare in un ristorante esotico...).
Penso che la scuola sia uno strumento utile di confronto e di crescita e per questo voglio farne parte, mettendo a disposizione il mio sapere e il mio tempo.
“Nell’epoca del capitalismo avanzato, tecnologico, assimilato da ciascuno di noi persino nei suoi risvolti psicopatologici, compito dell’educazione [...]diviene non tanto quello di creare strumenti di formattazione e adattamento del singolo, quanto quello – al contrario – di formarne la resistenza identitaria, attraverso l’apertura reale all’altro, il recupero dell’educazione come attività universale di cura, lo spostamento dall’io narcisistico alla comunità” Claudia Secci su Educazione Democratica