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martedì 6 ottobre 2015

Lasciarsi accadere

Stamattina abbiamo approfittato di un giorno di congedo parentale per andare a fare una passeggiata tutti insieme sulle colline di Collalunga, verso Sant'Antonio di Boves. Negli scorsi giorni è caduta molta pioggia e il bosco ha riacquistato colori verdi brillanti, lasciando per ora poco spazio agli ocra e agli arancio dell'autunno, dopo un'estate torrida e secca. Ma il cambio di stagione c'è e si avverte da altri piccoli segnali: il canto delle castagne che cadono a terra, tonfi che danno ritmo al camminare e fanno risuonare il sottobosco. La nebbia oggi copriva la cima della Bisalta e delle altre montagne, rendendo tutto più ovattato e la luce più morbida.
Dopo aver camminato tra dei vigneti, sul crinale della collina, abbiamo incontrato nel bosco gli abiti antichi del progetto artistico "Radici nel bosco". Questi abiti vivranno qui per un anno, in mezzo agli alberi: sono arrivati il 20 agosto 2015 e qui resteranno esposti al vento, alla pioggia, alla neve, a tutti i movimenti del bosco. Colonizzati via via da piccoli insetti, da foglie cadute, dalle zampette curiose di chi si posa sui rami in cerca di riposo, gli abiti stanno diventano parte del bosco, vi si fondono, ne rendono visibile la vita nascosta.


Abbiamo osservato gli abiti, camminato piano tra gli alberi per avvicinarli, poi abbiamo proseguito lungo il sentiero. L'arte non è tale se non ci interpella, se non ci comunica qualcosa.  
Cosa, mi sono chiesta, mi dicono questi vestiti bianchi appesi tra i rami? Cosa possono insegnarmi?
Mi è subito venuto in mente che mi insegnavano il lasciar andare, il non attaccamento. L'impermanenza di tutte le cose e l'arte di distaccarci da ciò che è superfluo, l'abbandonare le nostre (mie) manie di controllo e di perfezione.
Ma non era questa la vera lezione di radici nel bosco, per me, oggi. In questi giorni sto riflettendo, meditando, su un concetto simile ma dalle diverse sfumature: non tanto, non solo, il lasciar andare ciò che non mi serve e che mi impedisce di vivere in pienezza e lentezza, ma sopratutto il lasciar accadere. Domenica mattina sono stata ad un seminario di yoga che aveva come titolo  "Seminario per la rinascita" in una manifestazione intitolata quest'anno Radici (coincidenza?). Abbiamo praticato delle asana, degli esercizi per riattivare il prana e declamato mantra di auto rafforzamento secondo l'insegnamento di Yogananda, praticato alcune serie di saluto al sole. Gli esercizi fisici erano intervallati da meditazioni con campane tibetane e olii essenziali come quello di cedro, lidsea, palmarosa, sandalo e incenso. Abbiamo provato a lasciar arrivare l'ispirazione, a fissare gli obiettivi dai quali volevamo ripartire, a delineare con più chiarezza cosa volevamo portare e donare al mondo. Mi sono venute in mente, durante le meditazioni, alcune ispirazioni molto forti, che però ho subito tentato di ricacciare, ritenendole troppo impegnative, stancanti. Allora sto meditando sul lasciare accadere, lasciare che i sogni e le ispirazioni arrivino, che parlino e suggeriscano, invece di schermarmi e allontanarli. Lasciare che le cose arrivino, rimanere aperti: anche se non è ancora il tempo giusto per realizzarle.  Lasciarsi essere, lasciarsi accadere.
Poco dopo aver trovato gli abiti nel bosco, mentre camminando pensavo proprio a queste parole, abbiamo trovato una foglia , appesa ad una ragnatela sottilissima, ondeggiava in mezzo al sentiero a circa un metro e mezzo di altezza. Si lasciava accadere, semplicemente. Era. Senza timore, volava.  
Gli abiti nel bosco si lasciano accadere, senza protezioni o confini, sono: lasciano che arrivi il nido, la rugiada. Non scappano, non lottano, ma stanno. Mettono appunto radici e lì si aprono a ciò che di meglio possono offrire, senza remore.

"Cos è l'esistenza? In fin dei conti dovremmo essere consapevoli che l'esistenza è - nel suo complesso- vivere in una succà*: in una precaria condizione protetta" Rabbino Benedetto Carucci Viterbi

* capanna eretta per la festa autunnale di Sukkot, in ricordo delle capanne costruite dal popolo ebraico durante l'esodo nel deserto. Sono capanne transitorie, con il tetto di canne di bambù, rami di palma o di sempreverdi, gambi di mais, strisce strette di legno grezzo.

domenica 23 agosto 2015

Mantra per la partenza e per il ritorno

Prima di partire per il nostro viaggio ero piuttosto agitata: è qualcosa che mi succede sempre, prima di un viaggio o di un evento importante, per quanto sognato e desiderato. All'ultimo non ho mai voglia di partire, rimanderei tutto, anche se so benissimo che poi mi divertirò e che non vorrò più tornare. Il giorno prima di partire, per cercare di arginare quella spiacevole sensazione di incertezza, ho scritto su un foglio tutte le paure che mi venivano in mente, tutti gli ostacoli che immaginavo avremmo potuto incontrare. Di fianco ad ogni paura ho poi scritto una o più risorse che avrei potuto utilizzare e alla fine le ho riassunte in un piccolo disegno ad acquerelli. Ho portato entrambi i fogli con me durante il viaggio e, sebbene una volta in Croazia non li abbia più guardati, questo esercizio mi è stato utilissimo per prepararmi, per mettere a fuoco le mie emozioni e le soluzioni che avrei avuto a disposizione per affrontare i momenti critici.


Ho trovato prima di partire le mie risorse, i miei mantra, la parole chiave che potevo ripetermi mentalmente o che potevo sussurrare nel bisogno. 
Creatività, per saper improvvisare soluzioni nuove, come quando in ostello a Trieste abbiamo dormito in una camera con i letti a castello e io e Maddalena (che normalmente dorme in mezzo a noi nel lettone) abbiamo passato la notte su un materasso in terra. O quando abbiamo trovato un posto bellissimo dove fare il bagno nel fiume a Rastoke ma non avevamo con noi i costumi.
Respiro, per affrontare i pianti della piccolina quando non riusciva ad addormentarsi.  
Seguire Maddalena.
Cercare il bello, per concentrarmi su ciò che stavamo vivendo e immagazzinarlo nello sguardo e nell'anima.  
Attraversare, per i momenti in cui non si può fare nient'altro che essere lì, senza scorciatoie, come in un paio di lunghe code in autostrada, non evitabili, sotto il sole.  
Onestà: per ricordare che posso e devo sempre connettermi onestamente con me e con le mie emozioni profonde ed agire di conseguenza, ad esempio scegliendo di visitare di meno e di andare a dormire prima.
10 minuti: il tempo minimo di cui ho bisogno per ricaricarmi ma che spesso rimando e dimentico nelle mie giornate. I 10 minuti in cui ho messo i piedi nell'acqua fredda di un lago di Plitivice e poi camminato scalza sul sentiero, tra gli alberi, respirando piano, per allontanare la tensione dopo un addormentamento particolarmente agitato di Maddalena.
Una volta tornata a casa, ho ripetuto lo stesso esercizio, cercando di scovare delle parole, delle espressioni che nella loro brevità ed efficacia mi aiutassero a ritrovare equilibrio e centratura nel quotidiano, parole che ho messo in vista nella libreria e che spesso incrocio in vari momenti della giornata.
Le ho scritte in inglese, perchè leggo molto in inglese e molte espressioni mi rimangono in mente così, nella lingua in cui le ho lette. La maggior parte dei mantra del ritorno hanno al centro la tematica del rallentare e della gestione del tempo, due aspetti sui quali fatico molto e che affollano i miei pensieri. Ho scritto che mi ripropongo lentezza, che mi ripropongo di fare una cosa per volta invece di affannarmi a volerne fare tante insieme, che mi ripropongo di vivere la calma dello yoga non solo in quelle (rare) volte in cui riesco effettivamente a praticare sul tappetino, ma in tutte le incombenze quotidiane. 

Una delle espressioni centrali viene da questa citazione di Sri Ravi Shankar:
“Activity and rest are two vital aspects of life. To find a balance in them is a skill in itself. 
Wisdom is knowing when to have rest, when to have activity, and how much of each to have. 
Finding them in each other - activity in rest and rest in activity - is the ultimate freedom"  
(Azione e riposo sono due aspetti vitali della vita. Trovare equilibrio tra esse è esso stesso una abilità. La saggezza è conoscere quando riposare, quando essere in azione, e quanto avere di ognuna. Trovare una nell'altra - l'azione del riposo e il riposo nell'azione - è l'ultimo grado di libertà)

 Mi piace molto come citazione e cerco di averla sempre ben presente in mente, io che quando sono in azione mi affanno facilmente e mi sento sopraffatta (che sia studiare per un esame che ho a breve, mettere in ordine la casa, occuparmi di faccende burocratiche...) dimenticando spesso il bello e il respiro possibili anche nell'agire più faticoso e caotico. Oppure ostinandomi a fare anche quando potrei delegare, o quantomeno rallentare il ritmo, senza la pretesa di avere sempre tutto sotto controllo, dimenticando che anche il riposo ha valore, tanto quanto l'azione.
Riposo nell'azione. Azione nel riposo.
Questi i miei mantra del ritorno, per rendere più serene e luminose le mie giornate.
(Le fotografie di questo articolo sono del magnifico parco naturale di Plitivice che abbiamo visitato in Croazia).

domenica 22 giugno 2014

Ascoltando le asana

 
 [tarocco realizzato dalla mia amica doula Sara Stella, sulla base degli archetipi di Jodorovsky e dei tarocchi Mother Peace]

La pratica dello yoga è tornata ad essere, negli ultimi mesi, una costante delle mie settimane.
Di solito prima di cena, vado in camera da letto, srotolo il materassino e inizio a praticare una semplice sequenza, quasi sempre la stessa, perché è quella che mi piace e mi fa stare bene: pinza,  cane, cobra, muso di vacca, scimmia,...
Io che sono sempre tanto cerebrale, sempre concentrata sui pensieri (e in questi mesi, sullo studio e la memorizzazione), amo lo yoga perché mi obbliga a ritornare al corpo.
Come ogni disciplina sportiva, lo yoga parla ai muscoli, ci porta lì a quelle sensazioni concrete, fisiche. Potrà sembrare strano, che io definisca lo yoga uno sport, ma per me è proprio questo, un'attività centrata sul corpo, così diversa dai lavori di studio o di relazione empatica che vivo ogni giorno (come educatrice, come baby sitter...).
Adoro camminare in montagna, passeggiare o andare in bicicletta, soprattutto nei mesi più caldi, ma queste attività sono un'immersione, nei colori, nella luce, nel caldo o nel freddo, sono una sferzata di energia, di sforzo. Quando vado in montagna, sono un tutt'uno con ciò che mi circonda, guardo, osservo, ascolto, fotografo.
Lo yoga mi permette qualcosa di diverso, sempre centrato sul fisico, ma se le corse in bicicletta e le camminate sono un'immersione e un'apertura, lo yoga è invece ritiro.
 Mi piace lo yoga perché è un ritorno al corpo ma gentile e silenzioso.
Mi ricentra sulle sensazioni: se mi muovo in questo modo ecco cosa sento in questo braccio, in questo muscolo...ecco che allora non devo più pensare ma solo sentire cosa il mio corpo mi dice.
Non devo memorizzare, ma soltanto ascoltare questo corpo che spesso ignoro e che pure mi parla.
La dolcezza e la lentezza dello yoga sono un ritorno ad una dimensione concreta dopo l'eterea attività che mi occupa la mente. C'è sforzo fisico, ma è rispettoso, calmo, pur essendo efficace.
Lo yoga è una pausa che non stravolge e non affatica.
 [una piccola mucca da Jaisalmer, una statuina di Ganesh e Shiva da Agra, un vecchio libro di storia...]

[angolo della doula con i libri da leggere, Ganesh, ambra e l'aculeo di istrice ricevuto da Cecilia/Edera]

A volte però, il mio appuntamento con lo yoga salta, perché la cena richiede più attenzioni, perché finisco tardi di lavorare o di studiare, perché sono stanca...
in questi casi mi dispiace molto e spesso mi sentivo quasi in colpa per non aver saputo preservare quel momento di attenzione e cura.
Lo yoga vero però, è quello fuori dal materasso. Se ci penso, ogni attività che compio può essere yoga, immersione nel momento.

"The woman is sitting. Not in meditation or an asana, but just casually cross-legged.
That, for me, is where I challenge myself to live my yoga — off the mat in everyday life.
And everything flows through her in her stillness." Penelope Dullaghan

Così è capitato spesso che il mio yoga quotidiano fosse stendere la lavatrice...
lavare i piatti della sera prima...
pelare le carote bollite, lentamente (un lavoro che detesto fare)...
leggere la stessa storia ad un bambino per la decima volta di fila...
riscrivere un file word accidentalmente cancellato...
non mi riesce sempre facile, anzi, ho ancora moltissimo da imparare!
A volte, quando sono in una situazione particolarmente difficile, mi ripeto "questo è il tuo yoga del giorno, respira":
quando sono in ritardo e c'è molto traffico e sono in coda...
quando devo aiutare con infinita pazienza un bambino molto indeciso e nervoso a scegliere che maglietta mettersi per la giornata...
quando devo per l'ennesima volta passare l'aspirapolvere dopo che la gatta ha combinato qualche pasticcio...
respira, questo è il tuo yoga di oggi, non importa se non praticherai sul tappetino...

                                 [cartolina sull'Esodo biblico, dal Festival Suq di Genova: fuoco e radici]

[tre bambole ricevute da tre zie, tutte e tre realizzate a mano, sul davanzale]
 
Mi sono piaciute molto queste parole, che ho scoperto tramite Tiziana:
"[...] E poi ci sono innumerevoli Bodhisattva sconosciuti che non hanno mai avuto un addestramento spirituale e non si sono mai impegnati in una ricerca filosofica. Si sono formati e maturati in mezzo alla confusione, alla sofferenza, alle ingiustizie, promesse e contraddizioni della vita. Sono quelle persone ordinarie, generose, coraggiose, indulgenti, modeste, che hanno un grande cuore e da semp...re sorreggono la famiglia umana. [...] Ci sono insegnamenti che vengono solamente dall'esperienza non monastica ma di lavoro, famiglia, amore, lutto, fallimento. [...] Percepire la realtà significa farci un'idea immediata della politica e della storia, assumere il controllo del nostro tempo, essere padroni delle ventiquattr'ore e farlo bene, senza vittimismo. Accompagnare i bambini all'autobus della scuola è difficile quanto cantare i sutra nella sala di meditazione in un freddo mattino. Una mossa non è meglio dell'altra: ciascuna può essere parecchio noiosa ed entrambe possiedono la virtù della ripetitività. La ripetizione, il rituale e i loro buoni risultati si presentano in molte forme. Cambiare un filtro, pulire i nasi, andare alle riunioni, raccogliere le cose lasciate in giro per casa, lavare i piatti, controllare il livello dell'olio: non credere che queste cose siano distrazioni dai tuoi compiti seri. Tutto questo giro di faccende non è un insieme di difficoltà cui sfuggire per poterci dedicare alla nostra "pratica" che ci farà procedere su "un cammino": è il "nostro cammino" [...]"
Gary Snyder - La pratica del Selvatico
 
Ciò che so per certo è che lo yoga mi ha permesso, negli ultimi mesi, di crescere molto sul lavoro e di scoprire in me risorse di grande pazienza e di respiro, mentre sono con i bambini, che solo un anno fa non avevo. Sono un'educatrice migliore, da quando ho re-imparato a fare un passo indietro, respirare e ascoltare con calma.
Il difficile, come sempre, è contagiare con questa calma e quest'ascolto anche tutte le altre azioni quotidiane, partendo di nuovo, come sempre, dall'ascoltare me e quello che i miei muscoli e le asana mi comunicano, pratica dopo pratica.
 
[Lavagnetta con oggetti belli, sopra al tappetino su cui pratico yoga: un dipinto ad acquerello che ho realizzato su carta di riso ad un corso di pittura steineriano, il Padre Nostro in aramaico da Gerusalemme, una collana di semi dal viaggio in foresta in Madagascar, una fotografia del nostro matrimonio, una Hamsa in legno con dipinti gli animali dell'Arca di Noè, la cartolina di Paradjanov che salta e ride dall'Armenia...]

                         [Dolcetti crudisti con albicocche secche, cocco e cioccolato crudista]

sabato 24 dicembre 2011

Giorni prima di Natale:Solstizio e Hanukkah

Quest'ultima settimana é stata frenetica, pienissima di eventi, notizie, persone, incontri.
Giorni molto belli.Martedì sono andata al recital di Natale dei ragazzi disabili del Centro Mistral di Cuneo e sono state un paio d'ore davvero commoventi.
Il centro é diretto da una mia zia che é educatrice, e ospita tra i vari ragazzi un'altra mia zia, Carla, che ha la sindrome di Down.
Da piccola ho passato nel Centro interi pomeriggi a disegnare o giocare, ed é stato bello rivedere allo spettacolo molti di quei ragazzi, vederli ora invecchiati, non più giovanissimi, e ripensare a loro, che sono ora adulti ma sempre "piccoli".
Con la loro insegnante di musica hanno cantato dei canti natalizi, molto bene, e mi ha stupita vedere quanto impegno e ravura mettessero in quel semplice spettacolo.
Le musiche erano bellissime, e cantate dalle loro voci ancora più intense.
Ho pensato a mia zia Piera, che ha messo su lei quel centro diurno dal niente, con zio Pier, dopo essere stata molto all'estero, ho pensato al mio lavoro di ora come educatrice che mi piace molto, e ho visto intorno a me, in quella saletta, una grandezza immensa, di bene che é stato fatto, che si fa, che va avanti.
Ho visto l'accoglienza alla vita, alla diversità, la voglia di fare e di costruire un mondo migliore, e sono felice di lavorare in quella stessa direzione.









[Zia Carla e il suo sorriso]
Mercoledì invece sono andata alla lezione di yoga di Natale, che celebrava il solstizio d'inverno.In mezzo alla stanza buia, dei drappi di seta colorata e delle candele accese.Abbiamo meditato seduti in cerchio attorno alle candele, cantato più volte la OM ed il Gayatri Mantra.



Quindi ognuno poteva condividere uno scritto, una poesia o riflessione che considerava significativa.Una delle nostra insegnanti di yoga ha letto a voce alta il libretto "I 33 nomi di Dio" di Marguerite Yourcenar, e visualizzare le immagini che evocano le parole di questa lunga poesia é stato molto petente, e bello.



Poi attorno alle candele erano disposte delle carte, tutte diverse, con vari pensieri scritti.



Ognuno poteva prendere a caso una carta con la mano sinistra, e se voleva condividerla a voce alta.



Di solito, la carta scelta rappresenta in qualche modo il momento particolare che quella persona sta vivendo nella sua vita.



La mia carta, dal titolo "Il potere della PRESENZA" era azzeccatissima.Eccola:



"Vedi se puoi dare maggiore attenzione a un'azione invece che al risultato che vuoi ottenere con quell'azione.Dai la più completa attenzione a qualunque cosa il momento ti presenti.Ciò implica anche l'accettazione di ciò che c'é, non si può infatti dare totale attenzione a qualcosa e al tempo stesso resisterle"



So che già che questa frase deve diventare il mio motto per il nuovo anno, é così vera per me.



In questi giorni poi si festeggia Hanukkah, una delle feste ebraiche che preferisco, fin da bambina.



Festeggia la luce e di solito cade nelle vicinanze del Natale.



Questa festa celebra la vittoria ebraica contro l'ellenico Antioco IV nel 165 a.C. , che aveva cercato di sradicare le usanze e le credenze ebraiche del popolo d'Israele.I fratelli Maccabei ripresero il Tempio e lo ripulirono dopo che era stato profanato, ma vi rimaneva solo una piccola ampolla di olio puro per accendere la Menoràh del Tempio, che sarebbe bastata solo per un giorno.



Invece con un grande miracolo, l'olio puro bastò per alimentare la Menoràh per 8 giorni, tempo necessario per fabbricare altro olio puro.



Questa festa si festeggia ogni anno il 25 del mese di Kislev.



Per 8 giorni allora si accende un channukià,cioè un candelabro formato da 8 candele più una che serve per accenderle.Si accende una candela per sera fino a completarle tutte.



Accendendo le candele si recita questa benedizione:



"Benedetto sii Tu, Signore Nostro Dio, Re dell'Universo, che ci ha santificato con i suoi comandamenti e ci ha comandato di accendere il lumi di Hanukkah.



Benedetto sii Tu, Signore Nostro Dio, Re dell'Universo, che compì miracoli per i nostri padri nei tempi passati, durante questa stagione.



Benedetto sii Tu, Signore Nostro Dio, Re dell'Universo, che ci ha tenuto in vita e ci ha preservato e ci ha permesso di raggiungere questa stagione."



Ad Hanukkah di solito i bambini giocano con una trottola (dreidel) che reca sui 4 lati le iniziali nun, ghimel hay e shin (N-G-H-S) cioè le iniziali della frase Nes Gadol Haya Sham (un grande miracolo é avvenuto là).



Un cibo tipico di Hanukkah sono i latkes, frittelle di patate, che abbiamo cucinato giovedì sera a cena per i nostri amici.



Questa la ricetta per 6 persone: grattugiare 5 patate e due cipolle crude, salare e pepare, aggiungere 2 uova e quanto basta di farina per creare un composto non troppo molle.



Quindi cuocere i latkes in abbondante olio, scolare e servire (tradizionalmente) con purea di mele.



Sono semplicissimi ma molto saporiti!



Ho trovato in rete un bel po' di libri ben illustrati per Hanukkah, e Mrs.Bloom consiglia questi.


Buon Natale a tutti per domani, vi lascio queste parole dal biglietto di auguri dei ragazzi del Centro Mistral


"Quello che conta non sarà sotto l'albero , non verrà incartato e non ha prezzo.Quello che conta l troverai nell'aria in un abbraccio in un semplice sorriso in uno sguardo o in un bacio.Questo é il nostro augurio:un Natale colmo di cose che contano che possano arrivare al cuore ed abbracciare la nostra anima."


Auguri!

venerdì 12 novembre 2010

Il nostro Martinmas

Ieri non abbiamo fatto una processione con le lanterne accese, ma la luce era comunque accesa in noi, una luce forte, sicura, allegra di attimi speciali vissuti in due.
Perché ieri non abbiamo lavorato e ci siamo dedicati la giornata, con calma, con un'armonia splendente che mi ha fatto sorridere tutto il giorno e che ancora adesso sento viva, vera.
Essere in due é veramente una crescita ogni giorno verso qualcosa di sempre più bello.
Nel nostro San Martino ci sono state
*Coccole, coccole e ancora coccole (un po' anche ad Obelix giustamente!)
*Un pranzetto buonissimo che Simone ha cucinato per me, per noi, a casa sua, con cura e delicatezza.
I gnocchi sono più gustosi se mangiati in compagnia!
*Un pomeriggio in montagna nella prima neve, con Oblix a scorrazzare su e giù dai pendii e noi ad arrampicarci dietro a lui fino in cima






* Una lezione di yoga lenta lenta e rilassante, alla luce delle candele, con la mia amica Simona.
* Una cena dopo la lezione, con lei ed i nostri due morosi.
Polipo con le patate, pizza e crema catalana, e in mezzo tantissime chiacchiere a cuore aperto sui nostri progetti futuri, sui nostri lavori di ora, sui viaggi che vorremmo fare.
Complicità e amicizia sincera tra noi quattro, amicizia che scalda il cuore.

E voi avete festeggiato in qualche modo ieri?
Buon weekend che si avvicina, oggi per compensare il giorno libero di ieri sono al lavoro dalle 8 di mattina alle 7 di sera..oh yes!