Le notizie negative non sono più numerose di quelle positive, semplicemente ricevono più attenzione ed hanno più risonanza attraverso i media. Ogni volta in cui diffondiamo una notizia negativa, la rafforziamo e le diamo più visibilità, con il risultato che la nostra percezione del mondo si fa via via più alterata e ci sembra di avere attorno solamente cataclismi, ingiustizie, proteste, violenza.
Non è così, per fortuna. Le notizie belle, gli eventi positivi, ci sono e sono numerosi, però hanno bisogno di maggior diffusione.
Ecco perché in questo Avvento voglio cercare di presentare ogni settimana alcune notizie positive, per cercare di contro bilanciare il vasto spazio dato alle notizie buie.
Lo scorso anno ho scritto proprio in questo periodo dei millimetri di cui il mondo ha bisogno oggi.
Voglio continuare in questo modo, perché questo blog sia una cassa di risonanza per il buono.
Inizio da oggi, prima domenica di Avvento, presentando due storie di incontro, che hanno come base situazioni potenziali di debolezza, di sconforto, rassegnazione...e hanno per protagoniste donne che a partire dalle loro situazioni di svantaggio sanno invece essere portatrici di speranza.
La prima storia che presento è quella di Angel, ragazza diciottenne che, commossa dall'attentato di Ottawa dello scorso ottobre, ha deciso di realizzare una coperta da regalare al bambino figlio della guardia italo-canadese rimasta uccisa.
"Volevo regalare al bambino un caldo abbraccio" ha spiegato. Ha così cucito una coperta speciale e in un cuore ha ricamato la parola "Papà": ogni volta in cui avrebbe abbracciato la coperta, il bambino avrebbe sentito suo padre vicino e l'affetto del papà per lui.
Angel crea coperte, cuscini, pigiamini da quando è bambina e raccoglie fondi per diversi ospedali e associazioni oppure dona questi articoli ai reparti di pediatria: "Quando cucio una coperta per un bambino, la riempio di amore, abbracci e preghiere per quel bambino. Voglio essere sicura che ogni bambino malato sia avvolto in un caldo abbraccio."
Questa storia è un esempio di attenzione per gli altri, di piccoli gesti capaci di fare una grande differenza.
A renderla ancora più speciale è il fatto che Angel, come mia zia Carla, sia una ragazzina con sindrome di Down. Ci verrebbe da pensare che è lei quella bisognosa di cure particolari vero?
La sua storia ribalta la nostra percezione e mostra che anche partendo da una situazione di svantaggio, si può fare del nostro meglio, si può avere un ruolo attivo e positivo.
Qui potete trovare l'articolo che racconta la storia di Angel e qui il suo sito web.
La seconda storia è l'incontra tra due donne, completamente diverse ma unite da un'autentica e antica passione, quella per la pastorizia. Una nata nel 1990 al confine tra il Kenya e la Tanzania, proviene da una famiglia maasai tradizionale, dedita alla pastorizia nomade e di composizione poligamica.
L'altra, Silvia, è la primogenita di una famiglia di pastori. Dal 1964 porta i suoi animali nel Vallone della Meris, area naturale al centro del Parco delle Alpi Marittime.
Entrambe queste donne sono lottatrici, vogliono preservare il loro amore per la natura, il contatto con gli animali, con questo antico mestiere sempre più dimenticato se non osteggiato da una gran quantità di disposizioni legali, ad esempio riguardo alla produzione e alla vendita di formaggio d'alpeggio.
"Il mondo della pastorizia piemontese è un ambiente prevalentemente maschile, reso tale non solo dalle condizioni difficili in cui deve essere portato avanti, ma da una tendenza culturale consolidata nel corso dei secoli.Silvia sconvolge questo tacito equilibrio. Il carattere nomade della pastorizia bergera la porta ogni maggio in montagna, dove conduce in solitudine i lavori d’alpeggio e la produzione a mano di un formaggio eccezionale."
Leah, giovane donna maasai, è invece in viaggio e "combatte per la propria gente la battaglia più difficile, quella che va portata avanti contro certe consuetudini arcaiche che portebbero alla distruzione e alla definitiva estinzione della cultura maasai."
Ilmurràn, guerriero in lingua ma, è il nome del progetto che ha visto Leah e Silvia incontrarsi sui pascoli di alta montagna nell'estate 2014 e condividere una stagione di alpeggio.
Questo progetto di incontro antropologico a forte stampo femminile è illustrato qui nella pagina dedicata: sono in progettazione un documentario e un libro su questa esperienza di scambio culturale tra generazioni e latitudini, si può sostenere il progetto con un crowfunding qui.
Dicono gli autori : "Un insieme di valori che si allontana dalla geografia, la testimonianza di una possibile fratellanza universale. La visione si trasforma in idea per tornare a essere immagine.
Fare questo film per aprire porte chiuse, falsificare la realtà per renderla più reale, giocare con la serietà e la tristezza imposta di un mondo che in cuor suo non vorrebbe fare altro che giocare bene, per liberarsi [...] Abbiamo bisogno di metafore, abbiamo bisogno soprattutto di immaginarci semplici.Cosa ci potrebbe essere di più semplice e forte che una progressiva, naturale empatia tra queste due donne così diverse?
Di fronte a Leah e Silvia, abbiamo voglia di stare ad ascoltare.
Abbiamo desiderio di stare ad ascoltare.
Abbiamo necessità di sederci e ascoltare."
Abbiamo necessità di sederci e ascoltare."
Il teaser del film è visibile qui.
Una bella storia in questi giorni in cui spesso ci sembra che il rapporto tra culture diverse, qui in Italia, sia solo di contrapposizione e violenza.