La scorsa settimana ho vissuto un'esperienza davvero bella ed intensa in montagna. Siamo partiti per la nostra camminata in un bosco addormentato, silenziosissimo, nessun altro escursionista in vista. Si respirava come sempre in questo periodo una sensazione di attesa: nel bosco tutto è pronto per l'arrivo della neve che ancora non c'è, gli alberi hanno lasciato cadere le loro foglie e protendono rami nudi verso il cielo chiedendo la loro coperta bianca, gli animali sono tutti in letargo, gli uccelli sono migrati, gli uomini hanno ultimato i lavori tagliando legna e mettendo a posto i sentieri. Siamo entrati nel bosco in punta di piedi, per terra foglie ricoperte di brina scintillante, il sole che piano piano saliva.
Usciti dal bosco, la vista si apriva sulla valle sottostante, io ho deciso di proseguire ancora, con Maddalena nel marsupio, così abbiamo avanzato. Il paesaggio era già spettacolare, ma ad ogni passo diventava più bello, dall'alto si vedeva bene come le montagne emergessero ai lati della valle e come il fiume l'avesse scavata nei secoli. Era facile immaginare come le montagne si fossero sollevate dal fondo e come poi il vento e il ghiaccio le avessero levigate, scalfite. I miei occhi si perdevano in quei corrugamenti, salite e discese, precipizi, pareti scoscese. Magnifico.
Abbiamo poi iniziato la salita alla cima, Monte Piastra, proseguendo lungo un pendio erboso tutto color oro per l'erba secca, tra sparuti abeti e larici. Quella che sembrava una facile camminata diventava una vera escursione, perchè il sentiero si faceva strettissimo, tutto in salita, un inerpicarsi lungo il lato della montagna. Faceva molto caldo pur essendo dicembre, il bosco iniziale era all'ombra quindi eravamo partiti vestiti di lana, ma nelle ore centrali del giorno camminare in salita sotto il sole era davvero caldo, come ad inzio autunno. La neve lontanissima, solo una spruzzata sulle cime più alte che via via sembravamo affiancare. Ho pensato di fermarmi e tornare indietro, ma mi sarebbe dispiaciuto molto aver fatto tutta quella salita senza arrivare in cima, così io e Maddalena siamo andate avanti, lei dormiva, io contavo i passi da un ometto di pietra all'altro, inseguendo le tacche bianche e rosse, sbuffando in salita. Ho trovato un gran mucchio di piume di pernice, belle, soffici, erano al lato del sentiero e le ho prese come un buon segno, mi emoziona sempre incontrare le tracce di un animale selvatico, ancora di più in quel momento perchè la sosta per raccoglierle mi ha ridato fiato e slancio.
Come spesso succede, a dare forma alle nostre giornate e in sostanza alle nostre vite, non sono tanto gli eventi che viviamo, ma il significato che diamo ad essi, la spiegazione ultima che li illumina, che dà loro un posto e un nome (yad va shem in ebraico). Quella camminata in montagna, per me e Maddalena, non è stata semplicemente una giornata di trekking, ma per belle, importanti coincidenze, è stato un evento che ci ha parlato anche di altro. Abbiamo camminato il 16 dicembre, esattamente 9 mesi dopo a quella che era la data presunta del parto, il 16 marzo (Maddalena è poi nata invece il 25 marzo): è ormai risaputo che alla gravidanza uterina ne corrisponde un'altra, altrettanto importante, quella extra-uterina o esogestazione, i primi 9 mesi del bambino dopo il parto, un tempo importantissimo e delicato per il suo sviluppo. Il bambino nasce veramente al mondo dopo 9+9 mesi, i suoi primi 9 mesi sulla terra sono un periodo intenso di sviluppo dell'attaccamento e del contatto con la mamma, questi primi 9 mesi sono caratterizzati da una forte simbiosi mamma-bambino, che è la naturale prosecuzione di quella uterina e come tali andrebbero vissuti. Per nascere ad un livello di autonomia simile agli altri cuccioli di mammifero, il neonato dovrebbe nascere dopo 18 mesi di gravidanza ma le dimensioni della sua testa sarebbero troppo grandi per il bacino di una mamma in stazione eretta, la nascita del piccolo umano avviene allora quando egli è ancora molto immaturo e parti del suo sviluppo fondamentale avvengono quando egli è già fuori dall'utero materno (qui letture interessanti sull'esogestazione). Maddalena festeggerà la fine della sua esogestazione il giorno di Natale (altra bella coincidenza!), ma è stato bello mentre camminavo ricordarmi di quel 16 marzo in cui avrebbe dovuto nascere ed essere lì a vivere un'altra avventura molto molto simile al parto, solo io e lei insieme.
La salita infatti è stata molto dura, mi sembrava non finire mai, avevo sulle spalle lo zaino da montagna e davanti il marsupio con Maddalena, come durante il parto credevo di non farcela ad arrivare e ogni passo (come allora ogni spinta) mi sembrava richiedere tutte le mie forze. Per molte ore durante il nostro parto le ostetriche mi hanno incoraggiata, si vedeva già la testa di Maddalena e sembrava che dovesse nascere con la spinta successiva, invece non riusciva a passare, ogni spinta era un raccogliere tutte le forze per un risultato che sembrava non arrivare mai. Così durante la salita: vedevo gli ometti di pietra e ogni volta credevo che si trattasse dell'ometto finale, mi sforzavo di arrivare fin lì e allora vedevo altri ometti più avanti, segno che non eravamo ancora in cima. Come nel parto, l'arrivo in vetta è stato una liberazione, la fatica è scomparsa in un attimo per lasciare il posto solo alla commozione e ad una grande immensa fierezza per avercela fatta. Ricordo benissimo le prime parole che ho detto stringendo Maddalena al petto, accovacciata sul pavimento del nostro salotto dove è nata "ce l'abbiamo fatta, ce l'abbiamo fatta!!", le stesse parole le ho dette di nuovo a Maddalena una volta in cima, tolta dal marsupio, e lei con le sue piccole manine mi ha applaudita e ha sorriso. 9 mesi dopo, abbiamo fatto insieme un'altra grande impresa, io e lei, contando solo sulle nostre forze, ed è stato il modo perfetto di festeggiare i suoi primi 9 mesi sulla terra.
Dalla cima del monte Piastra, lo sguardo spazia dal Monviso alla valle Stura, alla Bisalta e a tutta la valle Gesso: siamo solo a quota 1832 slm ma non c'è limite allo sguardo e questo sicuramente ripaga di tutta la fatica fatta per salire, non ci si sazierebbe mai di osservare quelle montagne, cattedrali magnifiche, il posto in cui la mia anima si sente a casa.
Con questa esursione in montagna credo di avere mostrato a Maddalena che
insieme possiamo grandi cose e soprattutto che una donna può fare tutto
ciò che vuole, anche salire in cima ad una montagna, persino una bimba
di 9 mesi come lei può farlo, esattamente come un alpinista uomo. E che
nella vita, la soddisfazione più grande arriva dal scegliere di avere
meno cose e più tempo. A me piace passarlo tra i monti, e spero che
piacerà anche a lei sempre di più.
"L'uomo deve sognare per salvarsi" W.Bonatti