Fermarsi. Respirare. Prendersi il tempo per Ringraziare.
Un progetto de Il coltello di Banjas e Il tempo della crisalide
[Yogi Hostel Jodhpur, India]
Per la seconda tappa di Gratitudine in semi sparsi io e Il tempo della Crisalide abbiamo pensato di proporvi un tema che, prima o poi, ha riempito la vita di tutti noi: l'incontro con l'opposto, con ciò che sentiamo distante, con quello che è così diverso da noi da metterci a dura prova. L'incontro con le nostre ombre interiori.
Ciò che amiamo di noi, le nostre qualità migliori, quelle che scintillano e che portiamo di fronte nel nostro andare, ben visibili a tutti.
Quello che di noi non conosciamo, non amiamo. I nostri limiti e i punti deboli, gli scogli da aggirare.
Gli opposti che quotidianamente incontriamo.
Spesso siamo abituati ad apprezzare soltanto la nostra luce e a cancellare tutto il resto. Restiamo in superficie, perché se ci fermiamo a riflettere e scaviamo nelle nostre profondità, allora ecco emergere pian piano le caratteristiche meno apprezzate della nostra personalità, della nostra storia.Quanto è faticoso a volte questo riflettere, questo scavare…avere a che fare con l’ombra è sempre un lavoro estenuante e soprattutto continuo. Non si smette mai di conoscersi, di reimpastarsi nei pensieri.Come il chicco di grano che solo cadendo nella profonda oscurità della terra può portare frutto, così ciascuno può diventare ciò che è e sviluppare la sua vera essenza solamente accettando di avere a che fare con quell’ombra, con il nero che avvolge.Accettare le nostre difficoltà non come sbarramenti, ma come possibilità che ci vengono date per superarle e affinare la nostra anima perché giunga al suo massimo potenziale.Solo dall’unione di luce ed ombra può emergere la vita, possono emergere le sfaccettature. Se c’è troppo sole non si vede nulla, come quando l’oscurità è totale:dal camminare a braccetto di luce ed ombra può invece svilupparsi la vita.
Queste fotografie del Taj Mahal, che ho scattato la scorsa estate in India, in bianco e nero, raccontano come solo dal sapiente alternarsi di pieno e vuoto, chiaro e scuro, si possa delineare un monumento come questo, uno dei più grandiosi e spettacolari del mondo.
Così è la nostra vita, solo affrontando faccia a faccia le nostre paure più grandi, le nostre debolezze, possiamo avanzare.
Passiamo allora del tempo a prenderci cura di noi, anche delle nostre ombre, a conoscerle, chiamarle per nome, dare loro uno spazio!
[Operaio al lavoro per ristrutturare un fregio del tempio Jainista di Jaisalmer, India]
Negli ultimi mesi sto lavorando per cercare di superare un mio grande limite, l’essere poco concreta nei progetti che ho in mente. Sto camminando con questa ombra, sebbene a fatica, quotidianamente. A volte vorrei ancora nasconderla, celarla al mio sguardo, ma so che nei prossimi mesi della mia vita la affronterò per andare oltre. Tutto il percorso parte dal riconoscere e dall’accettare le nostre ombre in pienezza.
Solo mescolandoci con ciò che temiamo avremo l’armonia: è l’uso sapiente del buio e dell’ombra a far rispendere ancora meglio la nostra luce.
La pura bellezza dell’arte ci ricorda come da ciascuno di noi si possano irradiare sia bianco che nero. Ogni nostro passo, ogni semplice movimento ci dà la possibilità di scegliere quale di essi far emergere, se il chiaro o lo scuro, ricordando che solo dalla danza degli opposti si origina il raccolto che riempie il granaio.
[Preghiere alla Madre Ganga durante la puja serale, Varanasi, India]
[Deserto del Rajasthan, India]
Vi va di partecipare insieme a me e Il tempo della crisalide a questa seconda tappa del progetto?
Potete leggere qui il post di Ylenia, potete sperimentate le asana e le meditazioni, guardare il video di Heather e poi raccontare, qui nei commenti, come vi siete sentiti, quali riflessioni ed emozioni avete portato in superficie riflettendo su il nero e il bianco.O ancora raccontate quali sono i vostri modi di scendere a patti con L'opposto, o con L'Ombra.
Lasciando un commento a questo post o a quello di Ylenia potrete partecipare al giveaway previsto per questa seconda tappa: come invito a sperimentare il vostro incontro con l'altra faccia della medaglia, con il bianco e il nero, vi invieremo un sacchettino di semi, da cui far nascere qualche nuova piantina, un quadernetto su cui annotare riflessioni e conquiste e una fotografia, un segno visivo del lavoro profondo che compiamo ogni volta che non ci chiudiamo di fronte a ciò che ci sembra estraneo, lontano, diverso, nero.
Come sempre, lasceremo i commenti aperti per un paio di settimane, prima di estarre a sorte i vincitori.
Buon fine settimana da me e Il tempo della Crisalide.
Qui la prima tappa di Gratitudine in semi sparsi:il giallo
queste foto sono splendide. grazie Daniela, ti abbraccio!
RispondiEliminaChe magnifiche foto.
RispondiEliminaPartecipo come già fatto l'altra volta (e come sai sono stata estratta da Ylenia - yea!!!).
Il suo pacchettino mi ha portato qualcosa di più delle semplici cose che conteneva. Mi ha portato idee, ispirazione e concretezza.
Il mio nero lo affronto nel buio della notte, quando sono sola e nulla può venirmi in soccorso. Da sola, nel letto, guardando il buio sopra di me, sono capace di vedere l'ombra del mio cuore, le cose che non vanno, che vorrei cambiare. Quando ero più giovane spesso ignoravo questi pensieri, pensavo ad altro, mi dicevo che in fondo era cosa da niente... adesso, a quasi 46 anni, so che quelle voci non vanno ignorate ma vanno affrontate, anche se può essere estremamnete doloroso. Cambia la propria vita se si ha il coraggio di affrontare le proprie ombre e dare spazio a ciò che in noi è più luminoso. Si deve andare contro il biasimo degli altri, contro i loro rimproveri o la loro incomprensione ma non dobbiamo mai dimenticare che la nostra strada la dobbiamo e la possiamo percorrere solo noi e che è sempre un viaggio solitario.
Ti abbraccio forte
Francesca
Il mio più grande limite, la mia ombra, è la fatica immensa con la quale (non) accetto quello che non dipende da me. La mancanza di controllo mi manda spesso in crisi. Io ho bisogno di fare, di sentirmi impegnata, di stancarmi anche; di sapere che se faccio qualcosa con tutta me stessa, allora andrà bene. Però arriva sempre il punto in cui, dopo aver fatto tutto ciò che era in nostro potere, bisogna attendere. Affidarsi. Accettare il rischio, assaporare l'incerto, vacillare senza cadere. Sto attraversando una di queste fasi in cui non posso più fare altro rispetto a quello che ho già dato, posso solo attendere il corso degli eventi. Oscillando fra fiducia e... terrore.
RispondiEliminaQuando mi accade questo, mi concentro maggiormente sulla quotidianità, evito per qualche tempo di fare progetti a lungo termine, esco per andare in spiaggia (se la stagione lo consente, ciò se non c'è troppa gente) oppure a fare una passeggiata nel verde. Il ciclo delle stagioni solitamente mi aiuta, perché anche quando mi sento una banderuola al vento so che resto comunque immersa in un Progetto che non si può fermare e che si ripete, come un cerchio.
La mia ombra è quello in fondo all'anima che penso di non essere all'altezza delle situazioni, di sentirmi inadeguata e allora faccio , faccio , faccio tantio e troppo alla stregua di wonder woman per poi aspettarmi che gli altri si accorgano di me, che mi vogliono bene e, quindi, non mi possono abbandonare. Fortunatamente, e direi grazie a Dio, grazie al mio personale percorso spirituale, sto affrontando questo limite e invece di avere la superbia di pensare che solo ciò ke fccio io sia la cosa giusta e di sottolineare le ombre dell'altro, apprezzo le sue luci ma anche le sue ombre che proprio grazie a quelle mi fanno vedere siano belle le sue luci
RispondiEliminaIn questo particolare momento della mia vita luce ed ombra sono aspetti della maternità. La gratitudine immensa per il dono di cui posso godere e il desiderio di riviverlo sono la luce; la paura del futuro, di rivivere il post partum, la solitudine in cui mi sono trovata schiacciata nei primi mesi, la rabbia che ancora viene fuori nei momenti difficili, il senso di inadeguatezza, sono l'ombra. Sto lottando con me stessa per illuminare questi aspetti che ancora mi causano sofferenza, affinché con la luce possano ulteriormente ridimensionarsi. Sto imparando a lasciar fluire le emozioni, a non reprimerle, a tirarle fuori, a parlarne, per guardare le cose da una prospettiva diversa, affinché non stiano ancora nascoste tra le ombre della mia mente. Mi sto sforzando di crescere attraversando questo buio per vedere intorno a me ancora più luce.
RispondiEliminaLeggo tutti i vostri commenti e li tengo nel cuore, grazie per le vostre condivisioni!
RispondiElimina"Siamo all'Università di Berkley, in California. Un professore della Facoltà di Psicologia fa il suo ingresso in aula, come ogni martedì. Il corso è uno dei più gremiti e decine di studenti parlano del più e del meno prima dell'inizio della lezione. Il professore arriva con il classico quarto d'ora accademico di ritardo. Tutto sembra nella norma, ad eccezione di un piccolo particolare: il prof. ha in mano un bicchiere d'acqua.
RispondiEliminaNessuno nota questo dettaglio finché il professore, sempre con il bicchiere d'acqua in mano, inizia a girovagare tra i banchi dell'aula. In silenzio. Gli studenti si scambiano sguardi divertiti, ma non particolarmente sorpresi. Sembrano dirsi: "Eccoci qua: oggi la lezione riguarderà sicuramente l'ottimismo. Il prof. ci chiederà se il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto. Alcuni diranno che è mezzo pieno. Altri diranno che è mezzo vuoto. I nerd diranno che è completamente pieno: per metà d'acqua e per l'altra metà d'aria! Tutto così scontato!".
Il professore invece si ferma e domanda ai suoi studenti: "Secondo voi quanto pesa questo bicchiere d'acqua?". Gli studenti sembrano un po' spiazzati da questa domanda, ma in molti rispondono: il bicchiere ha certamente un peso compreso tra i 200 e i 300 grammi. Il professore aspetta che tutti gli studenti abbiano risposto e poi propone il suo punto di vista: "Il peso assoluto del bicchiere d'acqua è irrilevante. Ciò che conta davvero è per quanto tempo lo tenete sollevato". Felice di aver catturato l'attenzione dei suoi studenti, il professore continua: "Sollevatelo per un minuto e non avrete problemi. Sollevatelo per un'ora e vi ritroverete un braccio dolorante. Sollevatelo per un'intera giornata e vi ritroverete un braccio paralizzato".
Gli studenti continuano ad ascoltare attentamente il loro professore di psicologia: "In ognuno di questi tre casi il peso del bicchiere non è cambiato. Eppure, più il tempo passa, più il bicchiere sembra diventare pesante. Lo stress e le preoccupazioni sono come questo bicchiere d'acqua. Piccole o grandi che siano, ciò che conta è quanto tempo dedichiamo loro. Se gli dedichiamo il tempo minimo indispensabile, la nostra mente non ne risente. Se iniziamo a pensarci più volte durante la giornata, la nostra mente inizia ad essere stanca e nervosa. Se pensiamo continuamente alle nostre preoccupazioni, la nostra mente si paralizza." Il professore capisce di avere la completa attenzione dei suoi studenti e decide di concludere il suo ragionamento: "Per ritrovare la serenità dovete imparare a lasciare andare stress e preoccupazioni. Dovete imparare a dedicare loro il minor tempo possibile, focalizzando la vostra attenzione su ciò che volete e non su ciò che non volete. Dovete imparare a mettere giù il bicchiere d'acqua".
Ripenso a questo aneddoto, a questa lezione, da quando l'ho letta. La mia ombra, quest'anno più di tutto, è stata non riuscire ad appoggiare il bicchiere, a mettere da parte le preoccupazioni, permettere loro di diventare una zavorra pesantissima che si traduceva in ossessione, insofferenza, inconcludenza nei confronti delle persone che amo. Da quando ne ho preso coscienza ogni mattina mi faccio accompagnare dalla preghiera: mi affido; ogni volta che torno a casa faccio lo stesso: consegno quanto di buono ho fatto. E mi concentro sulla bellezza, su ogni singolo istante, cercando di non far offuscare i motivi di gioia. Provo ad appoggiare il bicchiere. Non sempre riesco ma ogni giorno ricomincio.