Sono stata in Brasile otto anni fa, nell'estate del 2006, un'esperienza molto forte e difficile, in favela a Salvador de Bahia, il mio primo incontro con un mondo altro, il primo volo oltre il Mediterraneo.
Di quell'esperienza, disorientante e intensa, ricordo la terra rossa delle strade (lo stesso colore che poi avrei rivisto in Africa) e le pubblicità scritte sui muri bianchi delle case invece che su dei cartelloni, come qui da noi. Queste le mie prime impressioni all'uscita dall'aereoporto: la terra rossa, le nuvole alte e le scritte sui muri. Poi l'arrivo in favela e il nostro "smistamento" tra le varie famiglie che ci avrebbero ospitati, la strada principale della favela trafficata e pianeggiante, con ai lati i banchetti di frutta tropicale e tutt'attorno le stradine strette, ripidissime e scivolose della favela vera e propria, un formicaio di casette costruite le une sulle altre, la maggior parte in costruzione o da finire, ma già affollate. La famiglia che ospitò me e la mia amica Simona, in una casa minuscola: la mamma piccolina e molto affettuosa, nata a Manaus in amazzonia, il papà alto e forte, discendente dalla popolazione di schiavi africani portati a Salvador, la figlia Juliana adolescente molto carina e piuttosto ribelle. Ricordo il nostro letto a castello in una camera così piccola che sembrava un corridoio e a stento riuscivamo ad aprire le valigie. La piccola cucina, altre due stanzette e l'ingresso con il divano e la televisione. In quella piccola casa ci trovammo ospitate con grande cura, nonostante gli evidenti pochi mezzi della famiglia. La mamma ci salutava ogni mattina quando partivamo per andare al centro missionario chiamandoci "mie figlie" tutte e tre e ci preparava sempre del cibo molto buono: frutta fresca di ogni tipo, che noi non conoscevamo e non avevamo mai assaggiato prima (acerola, goiaba, cacao, banane piccoline...) e a cena l'immancabile feijolada con riso, fagioli e farofa (farina di manioca tostata).Ricordo i bicchieri di cachaca che preparava il papà con lime, menta e zucchero di canna e le serate con Juliana a guardare soap opere brasiliane interminabili e ascoltare una canzone tormentone che diceva "Onde tem Calcinha eu vou/ Onde tem Calcinha eu vou/ Onde tem Calcinha Preta eu vou, eu vou, eu vou".
Ricordo i giorni di pioggia nella favela quando di colpo tutto diventava allagato, le strade fiumi d'acqua, le fogne esondavano e ci inzuppavamo completamente in pochi minuti.
Ricordo il clima violento camminando nella favela sentendoci tutti gli occhi addosso, e facendo ben attenzione a non fermarci in certi isolati dove c'erano gli spacciatori e dove gli uomini erano armati.
Le antenne della televisione ovunque, i bambini bellissimi (molti figli di europei, biondi e con gli occhi chiari), le tante mamme adolescenti e sole perché lasciate dai vari uomini che avevano avuto. I bambini che andavano a scuola a turno, alcuni al mattino e alcuni di pomeriggio, perché troppi alunni per le poche scuole disponibili.
Ricordo di notte, la favela buia e dal cortiletto della casa che ci ospitava, sopra i banani, le luci lontane e splendenti di Salvador, i grattacieli illuminati e noi lì in mezzo all'abbaiare dei cani, alle televisioni he gracchiavano, a volte alcuni spari lontani nella notte.
Mi sembrava allora di essere in un altro universo, le luci della città erano vicine ma irraggiungibili e la sensazione era quella di essere alla periferia del mondo, lontanissimi da tutto e da tutti, ignorati e nascosti.
Di Rio ricordo la nebbia umida e fredda sulla spiaggia di Copacabana, la salita in mezzo alla giungla fino alla statua del Cristo e la favela dove stavamo noi, infestata di zanzare, caotica e fiera.
Ora tengo qui in mano la bambolina che ci regalò la nostra mamma brasiliana, che lei realizzava con piccoli ritagli di stoffa e vendeva per guadagnare qualcosina e gli orecchini di cocco con la bandiera che ci regalò Juliana. Per i prodigi delle telecomunicazioni ora io, Juliana e la mia amica Simona siamo amiche su Facebook dove riusciamo a sentirci e vederci. Juliana è una ragazza bellissima, che lavora come modella e studia da infermiera. Dalle sue fotografie mi sembra molto felice e sono stata contenta, poco tempo fa, di vederla in un'immagine con i suoi genitori, la mia famiglia brasiliana.
Non posso dire di aver conosciuto il Brasile, ma certamente quella è l'immagine che mi è rimasta del paese e fatico ad associarlo alle spiagge di sabbia, alle feste, allo sport...il Brasile che ho visto io è il degrado delle periferie, la violenza diffusa, l'abbandono sociale...
Mi arrabbio sempre quando sento qualcuno dire che il Brasile è bello, che le spiagge sono fantastiche, i ristoranti prestigiosi, la gente sorridente...quanta miseria c'è in Brasile, quante povertà ci sono...no, non si può pensare che il Brasile sia solo la moderna festa di Rio, i locali alla moda, le discoteche sulla spiaggia!!
Nelle prossime settimane di Mondiale, vorrei che avessimo in mente anche il Brasile che ho visto io: non solo le celebrazioni, le ragazze dai fisici scultorei, lo spirito festaiolo carioca, ma anche la miseria della favela, l'ingiustizia, i bambini di strada che giocavano con noi
Qualche giorno fa, preprarando un'attività per l'esame di didattica, sono andata a cercare del materiale sul sito di Survival, l'associazione a tutela dei diritti delle popolazioni tribali del mondo.
Ho trovato questo articolo molto interessante anche se molto triste che racconta per ogni stadio della coppa del mondo, qualcosa su una popolazione tribale che vive lì accanto e che è sfruttata o in pericolo.
Sul sito della FIFA non c'è alcun accenno ai popoli indigeni brasiliani e la CocaCola, che sponsorizza i Mondiali, cerca di essere politically correct con una pubblicità in cui un indiano beve la famosa bevanda, quando in realtà essa compra lo zucchero che utilizza dalla multinazionale Bunge, che lo produce nelle terre che ha rubato al popolo Guaranì..."I Guarani del Brasile stanno soffrendo terribilmente per la perdita quasi totale delle loro terre. Ondate successive di deforestazione hanno convertito quelle che un tempo erano i loro fertili territori ancestrali in un fitto tessuto di ranch e piantagioni di soia e canna da zucchero destinata ai biocombustibili [...] Senza più terra, perseguitati e privi di speranze e prospettive, tra i Guarani dilagano i suicidi a ritmi che non hanno uguali in tutto il Sud America."
Qui un articolo sui popoli indigeni brasiliani
e qui la scheda informativa sul popolo Guaranì
gli Awa del Brasile sono invece la tribù più minacciata al mondo.
Un bellissimo progetto è quello di Silent Tapes, nella campagna 50kids-50cameras nella favela di Fortaleza, città brasiliana purtroppo famosa per il turismo sessuale predatorio nei confronti di ragazzini e bambini/e: cinquanta bambini di Fortaleza potranno partecipare ad un workshop di fotografia ( e ricevere un pasto).Ogni bambini potrà fotografare la sua vita quotidiana e dalle varie immagini sarà realizzata una mostra fotografica, un libro e altre iniziative.
Dare voce a chi non ha voce, spesso possiamo fare poco altro: oggi io voglio dare voce e spazio non solo ai fischi di inizio della Coppa del Mondo, ma anche all'altro Brasile, quello in lotta, quello sfruttato, quello inascoltato e ricordare l'ospitalità della favela.
Daniela, questo post era doveroso mentre ci accingiamo a seguire i mondiali con uno spirito abbastanza superficiale (non so le altre persone, ma io dopo questi anni di crisi mi sento quasi irritata dal dare ancora così importanza al calcio)... io non sono mai stata in Brasile ma, chissà perchè, la prima immagine che mi è sempre venuta in mente di questo paese erano proprio le favelas e la povertà. Io forse faccio il contrario: del Brasile riesco a tenere presente solo le cose "peggiori", mentre fatico ad associarlo al carnevale, alle spiagge, ai locali di Rio...forse perchè allo sfarzo dò poca importanza? Comunque bravissima e hai vissuto un'esperienza unica, nel bene e nel male.
RispondiEliminaGrazie Daniela per aver ricordato quello dovremmo sentire in televisione( almeno servirebbe a qualcosa).
RispondiEliminaTrovo disumana e criminale questa disgustosa pubblicità ai mondiali di calcio( e non solo a questi), quando sappiamo benissimo gli orrori che vengono commessi quando ci sono di mezzo questi grandi eventi e per favore non chiamiamoli mai più eventi sportivi....non c'e niente di sportivo nel voler ripulire il paese sbaraccando la povera gente ed amazzandola ....siamo peggio delle bestie(senza offesa per loro,naturalmente),non guarderò i mondiali,non voglio essere complice di questo schifo.....un'abbraccio sincero, ciao,
Sonia
Sonia
Le tue esperienze sono sempre significative! non avrai visto il brasile carioca, ma probabilmente ne hia visto la vera faccia! sarebbe interessante se iniziative come queste fossero un pretesto per parlare del paese che le ospita e dare risalto alla realtà delle cose! ma sappiamo bene che fa male vedere aldilà del proprio naso e soprattutto non sarebbe "economicamente sostenibile"!
RispondiEliminaciao
MeryCri
Torno a leggere questo post con più calma ... mi fa male sapere cosa c'è dietro ai festeggiamenti per il mondiale, ma sopratutto vedere che in tv quasi non se ne parla di certi orrori. E purtroppo per la prima volta ho sentito quasi giuste le proteste che stanno avvenendo... pure se il modo di farle vorrei fosse altro!
RispondiEliminaGrazie Daniela per queste riflessioni che ci poni, anche io sono stufa e indignata dalle persone che del Brasile vogliono vedere solo il bello. Le belle donne, le belle spiagge e i bei locali senza pensare a ciò che c'è oltre questo bello, ma si sa la maggior parte della gente preferisce non vedere e lo fa sia con gli che purtroppo, cosa forse ancor più grave, anche con se stesso, con la propria vita. Io i Mondiali non li vedo perchè proprio non mi interessano, preferisco fare altro
RispondiEliminaL'ipocrisia è merce in saldo, in questo periodo. L e bende per gli occhi le trovi in ogni dove.
RispondiEliminaDel Brasile in questi giorni si vede solo il bello. I problemi sono relegati alla pagina di cronaca o addirittura nell'oblio più totale. Neuropepe boicotta i mondiali e quasi quasi lo faccio anche io!!!
Baci
Francesca
Daniela, sono tornata a leggere. Mi piacerebbe inserissi i bottoni per condividere i tuoi post...almeno quello di google+ e eblogger.
RispondiEliminaBuon weekend : )