Un'esperienza molto divertente e particolare, durante il nostro viaggio in India, è stato un trekking con i cammelli nel deserto del Thar, verso il Pakistan (zona nord-occidentale dell'India).
Normalmente non mi saebbe venuto in mente di vedere un'India arida, desertica, anzi, non ne conoscevo nemmeno l'esistenza fino a leggere per caso di questa esperienza che ci ha catturati e convinti.
Dopo Varanasi, Agra e Jodhpur siamo infatti arrivati fino a Jaisalmer, una piccola cittadina arroccata attorno a un forte nel deserto, da lì siamo poi partiti con la Adventure Camels per un'escursione con notte nel deserto.
Siamo partiti alle tre di pomeriggio e dopo un'ora di jeep abbiamo trovato i cammellieri che ci aspettavano con gli animali.
Questo tipo do esperienza è per forza turistico, ma siamo stati contenti perché eravamo un gruppo molto ristretto di turisti e abbiamo passato i due giorni nel deserto in modo molto spartano e semplice, senza grandi mezzi o comodità. Oltre a me e Simone, all'escursione hanno partecipato una ragazza italiana (che è una fantastica fotografa) e una coppia spagnola, conosciuti sul posto.
Ognuno è salito sul suo cammello e siamo partiti per fare circa 20 km di camminata nel deserto, che lì è piuttosto una vasta steppa sabbiosa con cespugli spinosi e acacie, dove abbiamo incontrato pastori con le capre.
Alcuni alberi erano fioriti con bellissimi fiori carnosi bianchi e violetti.
Sebbene facesse molto caldo, il clima era però decisamente migliore che non in città, perché molto più secco e ventilato.
La cavalcata è stata piacevole, il passo degli animali sembrava un moto ondulatorio dolce, che cullava. Il paesaggio piatto, tranquillo e silenzioso a parte i nostri discorsi e gli incitamenti ai cammelli, è stato un ristoro dalla calca assordante della città, così l'essere di nuovo, anche se solo per due giornate, in un ambiente naturale, concreto, dove "sporcarsi le mani di terra" e non in un ambiente fortemente urbanizzato. Ci voleva come pausa rigenerante nel viaggio!
Abbiamo imparato a guidare da soli i cammelli e a farli andare avanti, persino a galoppare per brevi tratti nel deserto (dicendo loro cello o djump e manovrando con forza le redini), a farli girare e fermare. Come sempre è stato bello e ancestrale questo contatto con un animale, sentirlo vivo e rispondente sotto di sé, sentirlo correre e vibrare. Il mio cammello si chiamava Babugi e che senso di libertà nel galoppare sotto il sole tra la sabbia!
Anche osservare i cammellieri è stato istruttivo, in quella distesa piatta tutto sapevano e conoscevano, ogni sentiero, ogni curva: gli animali rispondevano a loro docilmente e con prontezza, con comunicazione immediata. Uno dei cammellieri era un ragazzi, Mansour, di 12/14 anni, con una manualità e una scioltezza con gli animali commovente.
Si vedeva subito che il deserto è la loro vera casa.
Ci siamo fermati a volte in alcuni villaggi, con capanne di fango e paglia in mezzo al nulla, pulitissimi, con tutt'attorno campi sabbiosi perfettamente arati, con bambini e qualche cane che ci correvano intorno e le donne, velate da sari multicolori (viola, rosa acceso, giallo zafferano, azzurro intenso...),che ci guardavano timide e imbarazzate, senza parlare né inglese né hindi.
Gli uomini e gli animali non c'erano, probabilmente erano al pascolo, è stato un peccato non poter parlare un po' con queste donne, chiedere loro come si chiamassero, cosa coltivavano...(anche i cammellieri non parlavano inglese se non qualche parola).
Verso il tramonto siamo arrivati ad una zona leggermente più sopra elevata, con vaste dune di sabbia finissima sahariana, dove abbiamo montato il campo per la notte (abbiamo dormito all'aperto sulla duna di sabbia qui a destra nella fotografia sottostante).
Siamo scesi dai cammelli e siamo saliti sulla duna più alta per goderci un tramonto tranquillissimo, rosa e bianco, la sabbia calda e fine sotto i piedi scalzi e all'orizzonte solo cespugli e lontanissimi impianti eolici.
Di quel tramonto ricordo soprattutto la calma, il silenzio ammutolito di noi cinque, la pace totale della campagna arida.
Appena sceso il buio siamo ritornati dai cammellieri, che avevano acceso il fuoco e ci hanno cucinato dal (lenticchie), riso, verdure al curry e chapati.
Abbiamo steso delle trapunte attorno al fuoco e abbiamo mangiato rischiarati dalle fiamme, sopra di noi le stelle.
Siamo rimasti un po' di fronte al fuoco, dopo, chiacchierando piano.
Si stava benissimo e sopra di noi le stelle erano milioni.
Abbiamo dormito sulla duna di sabbia, all'aperto, su delle brandine (mezze sfondate!): è stato surreale accorgerci di quanta luce ci fosse, sebbene il cielo fosse senza luna! Si vedevano chiaramente i contorni delle cose, talmente le stelle erano luminose e non c'era inquinamento da altre fonti di luce.
Di notte aprivo gli occhi e vedevo tutt'attorno, ho perfino dormito con gli occhiali in modo da vedere bene le stelle quando mi rigiravo!
L'unica nota dolente sono stati i pavoni selvatici, ce n'erano moltissimi e per tutta la notte si sono chiamati a vicenda con il loro verso eo-eo-eo-eo-eo, tenendoci svegli.
Al mattino, ecco l'alba, con i cammelli che si stiracchiano sulla sabbia.
Sono scesa e ho fatto una breve passeggiata sulle dune, tutto taceva e intanto la luce aumentava lievemente minuto dopo minuto.
La sabbia era disseminata delle minuscole tracce di insettini o altri piccoli animali che avevano tracciato rotaie e impronte.
Sulle dune, i pavoni neri e fieri e i cammelli che brucavano dagli alberi.
Appena tornata al campo, i cammellieri che avevano riacceso il fuoco ci hanno offerto la prima tazza di tchai della giornata, che sapeva di sabbia, e di vento.
L'abbiamo bevuto prima della colazione, prima di ripartire per il ritorno in cammello e poi in jeep.
Una tazza di tchai che aveva in sé tutti i colori del deserto del Thar, da quello della sabbia rosa del tramonto a quello del mantello bruno del cammelli.
Ecco, dormire nel deserto è uno dei miei sogni... e anch'io dormirei con gli occhiali!!! Un bacione!
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