mercoledì 2 settembre 2015

Cerimonia vivente

"Diventa il luogo che ti ha cresciuta. Qual è il nome del vento che ti ha cresciuta? 
Qual è il nome delle acque che ti hanno cresciuta? Qual è il nome della tua montagna?
Il nome della terra che ti ha cresciuta? Innalza quei nomi, perchè quei nomi sono sacri"
Hawane Rios

Mi piacciono i mestieri del dare: quello di mamma e gli altri che ho fatto e che faccio, di educatrice, di doula, di artista, di maestra...Tutto ciò che faccio è un dare, è quello che mi piace e a cui dò valore. Sono però una persona molto intoversa, che ama moltissimo stare da sola, stare in silenzio. Questi giorni con Maddalena sono intensti e belli, passano in un lampo, accelerati.  Da più di quattordici mesi non sono mai da sola e se questo è straordinariamente bello, comporta una grande dose di tenacia, pazienza, consapevolezza. Io che amo così tanto stare da sola, mi trovo da così tanti mesi a condividere ogni respiro, giorno e notte, con un'altra persona. Sono grata per questo tempo del dare e per ciò che sto imparando, grata alle scelte fatte negli scorsi anni che mi permettono di essere qui ora, serenamente, a dedicare questo tempo alla mia famiglia. Spesso però arrivo di sera con il serbatoio vuoto, perchè con una bambina piccola sono tante le richieste e tante le risposte necessarie. Noto quasi con piacere la mia stanchezza, perchè è quella di chi non si è risparmiato, di chi tutto ha dato, minuto dopo minuto. Ho però molto bisogno di tempi di ricarica, che non ho ancora ben imparato a organizzare e gestire. Non posso rimanere da sola, ma posso imparare a diluire meglio le forze.

Come spesso mi accade, nei giorni che precedono un esame all'università mi sento sopraffatta da tutto ciò che vorrei fare e che dveo rimandare a causa dello studio. L'estate sta finendo e mi accorgo con affanno che non ho fatto o terminato molte delle cose che avrei voluto. Mi sembra che ci sia tutto da fare, allora corro e corro ma non concludo poi nulla.Io, che vorrei avere sempre il tempo sotto controllo, devo arrendermi di fronte al suo scorrere, ricordare che ho vissuto lo stesso una stagione piena, perdonarmi tutto ciò che non sono riuscita a compiere. Ma non è mai facile, anzi, questo senso di sopraffazione di fronte al tempo che passa è forse il mio maggior cruccio, su cui mi arrovello in continuazione.
In alcune ore questa sensazione, quasi di colpa per non aver fatto abbastanza, è proprio faticosa. Allora cerco più che mai un aggancio, una visione, che mi aiuti nel mio rimuginare sul tempo e mi permetta di fare chiarezza, almeno un poco, almeno per un altro piccolo passo verso lo scioglimento di questa tensione.
Sabato sera ho trovato per caso un'intervista che mi ha dato uno spunto di riflessione. Amy racconta, tra il resto, questo suo ricordo :​ "The time I spoke of above when we were living in New Zealand and before Naia  was born, we were truly living each moment in ceremony. Agustin and I spent a year in service to the Mother making ceremony wherever we were. We would set up these giant altars and earth offerings in each new place and would just be in stillness for so much of our day.  They were like our anchors and once we sat, it was hard to do anything else.  If we made a meal, we would make the meal, then sit for an hour in silence before eating. I like the idea of life as a living ceremony." 
( Il tempo di cui ho parlato prima, quando vivevamo in Nuova Zelanda e prima che nascesse Naia, noi vivevamo davvero ogni momento in cerimonia. Agustin e io abbiamo trascorso un anno in servizio alla Madre creando cerimonie ovunque fossimo. Costruivamo degli altari giganteschi e offerte alla terra in ogni luogo nuovo e stavamo fermi per così molto tempo durante la nostra giornata. Erano come ancore e una volta seduti, era difficile fare qualsiasi altra cosa. Se preparavamo un pasto, lo preparavamo, poi sedevamo per un'ora in silenzio prima di mangiarlo. Mi piace l'idea della vita come di una cerimonia vivente)

Queste frasi di Amy mi hanno affascinata, ma ho subito pensato, con sarcasmo, che si trattasse di un'altra di quelle belle storie new age che amo tanto leggere ma che son così profondamente estreme da non poter essere riappilicate nella mia vita di ora. Stare suduti per un'ora prima di mangiare, in silenzio? Ora che da quando è nata Maddalena passo praticamente tutti i pasti in piedi, con lei in braccio tra un boccone e l'altro? Poi però mi è piaciuta l'idea della vita come una cerimonia vivente. Probabilmente ora non ho il tempo, l'occasione e forse nemmeno la voglia di costruire altari giganti, stare a lungo seduta in meditazione, ma posso portare un poco di questo nel mio quotidiano. Non starò seduta per un'ora immobile di fronte al mio piatto, ma posso cercare di respirare più profondamente mentre accompagno Maddalena a dormire. Posso lavare i piatti con calma, fermarmi ogni tanto cinque minuti. Posso benedire il cibo che mangio, anche con un gesto rapido e semplice. Posso, nuovamente, ricordarmi di portare lentezza nelle mie giornate, con consapevolezza. Posso cambiare Maddalena con gesti lenti, invece di pensare già a cosa devo fare dopo o a csa stavo facendo prima. Focalizzarmi non tanto sul togliere un'altra azione dalle mie infinite liste di cose da fare, ma concentrarmi su ciò che sto facendo, e farlo bene.


Domenica abbiamo fatto una bella camminata in montagna, un clima estivo ci ha accompagnato mentre le cime delle montagne già si coprivano di nubi scure che creavano straordinari giochi di luce. Ho raccolto dell'erica, fiore caro alla simbologia di fate e folletti, con proprietà puruficatrici, simbolo dei poeti e di chi ama la solitudine e la contemplazione. Abbiamo trovato un pendio all'ombra interamente ricoperto di goccioline di rugiada sull'erba e sugli arbusti, magiche, il soggetto che più in assoluto amo fotografare. Mi sono accoccolata scalza sull'erba a fotografare a lungo, il fango morbido tra le dita dei piedi, il sole in alto. Le gocce e l'erica mi hanno ricordato di ascoltare la mia voce, quella che dai mestieri del dare mi chiede poi silenzio e chiusura. Vorrei essere quella sempre al centro dell'attenzione, estroversa, dalla battuta facile.  Quella che fa ridere tttutti, che tutti conoscono. Non lo sono, è giunto ancora una volta il tempo di riconoscere ciò che sono e onorarlo, seguendo prima di tutto il mio bene, dando voce alla mia voce muta. Scegliendo cosa e come mi fa stare bene in questa lunga corsa quotidiana.

2 commenti:

  1. prendo in prestito la frase iniziale... spero di farne buon uso!

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