lunedì 26 maggio 2014

A piedi


Ieri mattina io e mia mamma abbiamo affrontato un piccolo obiettivo a cui pensavamo da mesi: andare a piedi fino alla Certosa di Pesio, circa 12 km da casa.
Siamo partite dalla frazione di Montefallonio e via, zaini leggeri e piedi che passano su strade diverse.
La giornata era perfetta, con quel clima di maggio che fa venir voglia di fermare il tempo e vivere eternamente con l'erba alta nei campi costellati di margherite, gli alberi verdissimi, il grano che matura, senza il caldo umido della piena estate...
Abbiamo camminato in mezzo al verde, su stradine laterali, su una strada provinciale, accanto al primo fieno che secca e profuma al sole.



 


Abbiamo percorso queste strade infinite volte, spesso in automobile, oppure sfrecciando in bicicletta, ma mai a piedi, lentamente. Conosco ogni curva, ogni campo, ma andarci a piedi permette di scoprire particolari a cui non abbiamo mai fatto caso.
Camminare porta in una dimensione diversa, dove tutto è dilatato: le distanze, innanzitutto, e ovviamente i tempi. Si dilatano i discorsi, i respiri.
 Camminare riporta a terra, all'aderenza con il terreno, perché è lì che stanno i tuoi piedi.
Ma nello stesso tempo libera da qualsiasi mezzo e rende rarefatta ogni azione.

'Tra lo stare fermo e il camminare c’è il mondo intero; un battito di ciglia separa il camminare dallo stare fermo. In mezzo ai due: un segreto. Camminare è muoversi in avanti.
E’ meditare. E’ perdere l’equilibrio e poi riprendersi. E’ brancolare.
E’ vedere, annusare, sentire. E’ scoprire, ricordare e dimenticare.
E’ imparare e respirare. E’ sudare. E’ avere paura e sentirsi sollevati quando si riceve qualcosa da mangiare.
E’ avere freddo, inciampare.E’ fermarsi. E la cosa più incredibile: camminare è arrivare.'
 [M. Zohner]
 
Questa volta, camminando abbiamo scoperto bellezze nuove in una valle che è la nostra, quella in cui ho fatto le primissime gite della mia vita, quella in cui amo tornare, la mia, mia valle, quella più vicina, che ho percorso avanti e indietro negli anni.
Abbiamo scoperto targhe commemorative a partigiani che su queste montagne, combattendo, sono morti, e i muri ne rimandano il ricordo insieme a polverosi fiori finti posati lì decenni fa.
Abbiamo scoperto altri sentieri e moltissimi monumenti (chiesette, ponti,...) di cui sono disseminate le nostre valli.
Abbiamo spiato rose magnifiche in giardini abbandonati e persino un maialino nero felicemente spaparanzato al sole in un altro cortile.
Abbiamo trovato affreschi di inizio '900 ai bordi della strada, di una bellezza semplice e antica.
Abbiamo persino scoperto un cippo commemorativo per un partigiano che porta il nostro cognome, cosa di cui eravamo tutti all'oscuro. Mi chiedo chi sia, come e se fosse remotamente un nostro parente, visto che il nostro cognome è poco diffuso...chissà se abitava lì o se era arrivato per combattere da altre città.







In questa camminata, in questa valle, ad ogni bivio è appeso un ricordo, di gite passate, di amici lontani nel tempo...come il trekking di terza media in cui ci perdemmo, noi alunni e gli insegnanti, e vagammo per qualche ora nei boschi, tra nebbia e notte.
Una merenda di anni fa con amiche che non vedo da tempo.
Gli innumerevoli ritiri spirituali alla Certosa, negli anni delle medie e delle superiori.
Le foto del nostro matrimonio scattate proprio lì a Certosa, l'agriturismo in cui abbiamo pranzato quel giorno e davanti al quale siamo passati...
In questa valle sono appesi anche i ricordi di chi è venuto prima di me, di mia nonna paterna che viveva in una minuscola borgata lì vicino e chissà quante volte è andata a piedi lungo quella strada fino al paese, per prendere la corriera; due cugini del mio nonno materno che lì hanno vissuto da bambini e di cui abbiamo ricostruito le storie...
Abbiamo anche camminato per un tratto nel bosco, allungando la strada ma come sempre rigenerandoci completamente in quell'ambiente di luci basse, fruscio di alberi, muschio e felci, che è la mia vera casa. Abbiamo raccolto e mangiato fragoline di bosco e trovato anche un minuscolo nido, delicatissimo e intrecciato con amore.
 






Camminando abbiamo parlato, ricordato aneddoti e ricostruito alberi genealogici.
Siamo anche state in silenzio, immerse ciascuna nei suoi passi, mentre la strada si srotolava dietro di noi e le montagne si facevano più vicine, bianche e nere oltre i boschi verdi e il torrente.
Tutto attorno a noi era un'esplosione di foglie e di natura, di campi gialli di fori.






Poco batte la gloria di un campo in fiore: piccole corolle insignificanti, dagli steli deboli, che basta un niente per schiacciare o sradicare, ma si accordano in sinfonie di colori che Mamma Terra studia e cresce con accuratezza. La perfezione è nella piccolezza dei fiori di campo.



Siamo arrivate a Certosa con poca fatica, nonostante la strada lunga e le ore di lenta camminata.
Sarei ancora andata avanti, alla radura, e poi alla cascata e poi alla montagna e oltre...camminare spinge oltre i limiti e allarga ogni orizzonte.
Una volta preso il ritmo, è una droga che nutre e annulla la stanchezza, non si smetterebbe più.
La Certosa ci aspettava là, nel verde, nel silenzio della prima chiesa buia di mattoni.
Un'oasi di pace, dove è sempre bello passare, o sostare.
Mi piace l'estrema semplicità di quella cripta, dove è naturale innalzare una preghiera e rallentare il respiro.






Questa camminata è stata un viaggio nella mia piccola valle, quella che decenni fa veniva definita "le Dolomiti del Piemonte" e adesso è una successione di paesini che resistono con le loro tradizioni, con i diritti che ogni valle lotta ora per mantenere: una piccola scuola, il collegamento con gli autobus, un piccolo ospedale per anziani...ma rimane una valle profondamente bella.
Un viaggio a piedi per riacchiappare ricordi di una famiglia che, come dicevo con mia mamma, possiede senza dubbio "il gene dell'accudimento".
Un passo dopo l'altro per vedere tutto in una prospettiva diversa, per partire chiedendo e tornare a casa invece colmi di gratitudine, riscoprendo ancora una volta la pienezza del cammino che c'è già.
 

lunedì 19 maggio 2014

Il grano danzava

Siamo alla fine delle lezioni per questo secondo anno di università (solo più tre anni da frequentare!!) e anche se ora inizieranno i giorni di studio per gli esami, sono sollevata, perché è stato molto faticoso andare a lezione, incastrare i vari orari e impegni, soprattutto negli ultimi mesi in cui abbiamo dovuto seguire molti laboratori e seminari.
Posso tirare un sospiro di sollievo: ho finito anche quest'anno, ce l'ho fatta.
Giovedì pomeriggio, dopo il laboratorio di matematica e il tirocinio, sono tornata a casa e anche se era già pomeriggio inoltrato, sono andata a fare un giro in bicicletta in una stradina bellissima tra i campi e il fiume Stura, vicino alla prima casa in cui abbiamo abitato io e Simone. E' una stradina da niente, ma mi piace perché è proprio fuori dalla città, un po' isolata e soprattutto molto simile alle stradine di campagna attorno alla mia casa nativa.
Quella passeggiata in bicicletta è stato un momento perfetto, di silenzio e di verde, mentre le ombre via via si facevano azzurre e il crepuscolo scendeva.
Ho raccolto fiori di acacia e sambuco e inspirato il loro delizioso, dolce profumo.
Li ho poi trasformati in un sun tea la mattina dopo, con l'aggiunta di un mezzo limone tagliato a fettine e lasciato in infusione tutto il giorno sul terrazzo.
I fiori di acacia sembrano piccole orchidee, immacolate e delicatissime.





Mentre raccoglievo, ero felice non solo di essere lì, ma felice di averlo scelto, di aver costruito una serie di passi che mi hanno permesso di essere lì in quel momento. Mi ripeto spesso nelle mie riflessioni, ma davvero penso che la felicità non ci venga regalata da nessuno, che tocca a noi essere capaci di andarcela a prendere, di cercarla. No, la felicità non arriva come un bel regalo inaspettato, siamo noi a costruirla, a pretenderla. Sono contenta ogni volta in cui scelgo di prendermi quel momento di pausa, ma sono anche contenta di essere molto stanca se è perché sto studiando ciò che più amo al mondo, stanca perché mi alzo ogni giorno molto presto per andare a dare una mano ad un bambino e alla sua famiglia...allora la mia stanchezza ha un senso, perché è scelta e si, penso che si possa sempre scegliere, scegliere cosa fare e scegliere come reagire a ciò che ci accade.                       La responsabilità della nostra felicità è solo nostra, siamo noi gli artefici.



Lungo il sentiero ho visto questi fiorellini gialli, che sono ovunque e sono semplicissimi, ma hanno un colore così allegro che mi piace sempre fotografarli. Ad un fiore era appeso un seme di tarassaco che ondeggiava, sembrava messo lì apposta da qualche essere fatato.
 Già verso la fine della biciclettata, sono arrivata in un campo di grano che si stagliava come un mare sotto alle montagne. La luce era magnifica e sono scesa dalla bicicletta per scattare qualche fotografia, poi sono rimasta lunghi minuti ad osservare il paesaggio. Le colline più vicine erano verde scuro, quasi nere, per le chiome folte che gli alberi stanno mettendo. Le montagne sullo sfondo ancora bianche di neve. Il cielo azzurro ma solcato da densi nuvoloni grigi, illuminati dal sole che calava ad ovest. E ai miei piedi, il grano verde che si muoveva come in una danza e fremeva sotto la brezza in onde cangianti, i baffi delle spighe che cantavano sfiorandosi le une sulle altre...man mano che la brezza muoveva il grano e il sole calava, la luce  mutava, erano cambiamenti repentini che la macchina fotografica non riusciva a catturare, allora sono rimasta ferma in silenzio ad ascoltare il grano con gli occhi chiusi e la pace era tutt'attorno. Uno spettacolo grandioso di armonia totale, avrei voluto rimanere lì per sempre.





A casa, ho preparato delle crespelle con farina di ceci, estive e molto nutrienti,
di cui appunto qui la ricetta:
(ho preso spunto da questa ricetta) dose per circa 10 crespelle
 
150 gr farina di ceci
50 gr farina di grano tenero
50 gr circa di olio
100 gr di latte
50 gr circa di acqua (li aggiunti perché l'impasto era troppo denso per scivolare bene in padella)
 2 uova
sale e pepe nero macinato
 
Per il ripieno:
Ripieno 1: due melanzane tagliate a cubetti e cotte in padella con olio d'oliva, cumino, masala per verdure, una volta cotte frullate e ridotte in crema.
Ripieno 2: formaggio morbido emulsionato con olio evo, una manciata abbondante di menta sminuzzata, sale, pepe e aglio.
Cotte le crespelline in padella, ne ho farcite la metà con il ripieno di formaggio e le altre con il ripieno di melanzane (di cui ne avanzerete per il pranzo del giorno dopo)
e le ho ancora passate in forno a 200 gradi per un quarto d'ora.
Buon appetito e buona settimana, ora torno a studiare per l'esame di domani.
 
Ps: vi ricordo il progetto giveaway Gratitudine in semi sparsi che abbiamo organizzato io e Il tempo della Crisalide


[Sun tea con menta, fiori di timo, cardamomo e lavanda]

sabato 17 maggio 2014

Gratitudine in semi sparsi: seconda tappa, il bianco e il nero

                            Fermarsi. Respirare. Prendersi il tempo per Ringraziare.
Un progetto de Il coltello di Banjas e Il tempo della crisalide
 
                                                            [Yogi Hostel Jodhpur, India]
 
Per la seconda tappa di Gratitudine in semi sparsi io e Il tempo della Crisalide abbiamo pensato di proporvi un tema che, prima o poi, ha riempito la vita di tutti noi: l'incontro con l'opposto, con ciò che sentiamo distante, con quello che è così diverso da noi da metterci a dura prova. L'incontro con le nostre ombre interiori.
Il bianco e il nero, la luce e l’ombra.
Ciò che amiamo di noi, le nostre qualità migliori, quelle che scintillano e che portiamo di fronte nel nostro andare, ben visibili a tutti.
Quello che di noi non conosciamo, non amiamo. I nostri limiti e i punti deboli, gli scogli da aggirare.
Gli opposti che quotidianamente incontriamo.
Spesso siamo abituati ad apprezzare soltanto la nostra luce e a cancellare tutto il resto.                        Restiamo in superficie, perché se ci fermiamo a riflettere e scaviamo nelle nostre profondità, allora ecco emergere pian piano le caratteristiche meno apprezzate della nostra personalità, della nostra storia.Quanto è faticoso a volte questo riflettere, questo scavare…avere a che fare con l’ombra è sempre un lavoro estenuante e soprattutto continuo. Non si smette mai di conoscersi, di reimpastarsi nei pensieri.Come il chicco di grano che solo cadendo nella profonda oscurità della terra  può portare frutto, così ciascuno può diventare ciò che è e sviluppare la sua vera essenza solamente accettando di avere a che fare con quell’ombra, con il nero che avvolge.Accettare le nostre difficoltà non come sbarramenti, ma come possibilità che ci vengono date per superarle e affinare la nostra anima perché giunga al suo massimo potenziale.Solo dall’unione di luce ed ombra può emergere la vita, possono emergere le sfaccettature. Se c’è troppo sole non si vede nulla, come quando l’oscurità è totale:dal camminare a braccetto di luce ed ombra può invece svilupparsi la vita.
Queste fotografie del Taj Mahal, che ho scattato la scorsa estate in India, in bianco e nero, raccontano come solo dal sapiente alternarsi di pieno e vuoto, chiaro e scuro, si possa delineare un monumento come questo, uno dei più grandiosi e spettacolari del mondo.



Così è la nostra vita, solo affrontando faccia a faccia le nostre paure più grandi, le nostre debolezze, possiamo avanzare.
Passiamo allora del tempo a prenderci cura di noi, anche delle nostre ombre, a conoscerle, chiamarle per nome, dare loro uno spazio!




              [Operaio al lavoro per ristrutturare un fregio del tempio Jainista di Jaisalmer, India]

Negli ultimi mesi sto lavorando per cercare di superare un mio grande limite, l’essere poco concreta nei progetti che ho in mente. Sto camminando con questa ombra, sebbene a fatica, quotidianamente. A volte vorrei ancora nasconderla, celarla al mio sguardo, ma so che nei prossimi mesi della mia vita la affronterò per andare oltre. Tutto il percorso parte dal riconoscere e dall’accettare le nostre ombre in pienezza.
Solo mescolandoci con ciò che temiamo avremo l’armonia: è l’uso sapiente del buio e dell’ombra a far rispendere ancora meglio la nostra luce.
La pura bellezza dell’arte ci ricorda come da ciascuno di noi si possano irradiare sia bianco che nero. Ogni nostro passo, ogni semplice movimento ci dà la possibilità di scegliere quale di essi far emergere, se il chiaro o lo scuro, ricordando che solo dalla danza degli opposti si origina il raccolto che riempie il granaio.


                                            [Preghiere alla Madre Ganga durante la puja serale, Varanasi, India]


                                                             [Deserto del Rajasthan, India]


Ecco il link ad un video di Heather Hansen, artista che dipinge con il nero e bianco.
 
Vi va di partecipare insieme a me e Il tempo della crisalide a questa seconda tappa del progetto?
Potete leggere qui il post di Ylenia, potete sperimentate le asana e le meditazioni, guardare il video di Heather e poi raccontare, qui nei commenti, come vi siete sentiti, quali riflessioni ed emozioni avete portato in superficie riflettendo su il nero e il bianco.O ancora raccontate quali sono i vostri modi di scendere a patti con L'opposto, o con L'Ombra.
Lasciando un commento a questo post o a quello di Ylenia potrete partecipare al giveaway previsto per questa seconda tappa: come invito a sperimentare il vostro incontro con l'altra faccia della medaglia, con il bianco e il nero, vi invieremo un sacchettino di semi, da cui far nascere qualche nuova piantina, un quadernetto su cui annotare riflessioni e conquiste e una fotografia, un segno visivo del lavoro profondo che compiamo ogni volta che non ci chiudiamo di fronte a ciò che ci sembra estraneo, lontano, diverso, nero.
Come sempre, lasceremo i commenti aperti per un paio di settimane, prima di estarre a sorte i vincitori.
Buon fine settimana da me e Il tempo della Crisalide.