giovedì 7 luglio 2011

Madagascar:le donne che lavorano la seta, villaggio di Soatanana

In Madagascar i villaggi sono molto poveri, spersi in mezzo al nulla, ma con quella povertà profondamente rurale, pulita, dignitosa, mentre le città sono un ammasso di bidonvilles dove per sopravvivere ci si affida a traffici di ogni tipo e l'inquinamento trasforma le strade in discariche a cielo aperto.


Tra i villaggi che abbiamo visitato, mi é rimasto nel cuore quello di Soatanana (letteralmente "città buona"), a circa due ore di viaggio dalla città di Ambositra.


Per arrivarci attraversiamo un vasto altipiano vulcanico, dove scorre sotto ai nostri occhi il tipico paesaggio di risaie, pini, eucalipti.


Ci fermiamo poi per una breve passeggiata in una foresta sacra per la gente che vive nella zona, sacra perché vi si trova un buco di pietra dove la popolazione della foresta si reca per sacrificare polli o altri animali e farne colare il sangue nel buco per chiedere l'aiuto di uno spirito che vive lì in caso di malattia o di altre invocazioni importanti.







Sull'altipiano l'erba é secca ed il paesaggio arido, a causa di anni e anni di disboscamento con la tecnica del taglia e brucia che hanno notevolmente inaridito il terreno e portato alla scomparsa della foresta originaria che ricopriva interamente quest'area.





Dove ci fermiamo ci sono tuttavia alcune cascatelle di acqua e crescono numerose piante di aloe, ora in fiore.





La nostra guida Jacquette ci spiega che con il fiore si preparano tisane medicinali per curare il mal di pancia.
Tra l'erba ci sono grandi termitai e serpenti.
[Aloe fiorita]
Ci fermiamo principlamente in questa piccola foresta sacra per cercare degli alberi di tapia, su cui crescono dei bachi che producono la seta.


I bachi si nutrono delle foglie dell'albero, vengono poi raccolti dalla popolazione che vive nella foresta e che collabora con il vicino villaggio di Soatanana, dove le donne si sono unite in una associazione per produrre la seta dai bachi.


Gli alberi di tapia fanno anche dei piccoli frutti rotondi di colore rossiccio che si mangiano, ma la gente raccolglie solo quelli già caduti a terra, i frutti raccolti dall'albero si ritiene portino sfortuna. La Renault 4 con cui viaggiavamo quel giorno.L'autista spegneva il motore in discesa per non consumare benzina!
Jacquette ci racconta anche di una tecnica particolare che usano le grosse formiche dell'altipiano per cacciare un serpente: scavano una buca in cui portano del cibo,il serpente si introduce nel buco per mangiare e le formiche lo "nutrono" finchè diventa così grosso che non riesce più ad uscire dal buco.


Intanto le formiche gli costruisocno attorno un formicaio e quando il serpente rimane bloccato, lo attaccano e lo divorano.


Infatti troviamo un grosso formicaio e all'imboccatura notiamo grandi scaglie di pelle di serpente, che le formiche stanno portando fuori dal formicaio per pulirlo dopo aver divorato il goloso serpente che si é fatto intrappolare.






Proseguiamo poi lungo la strada profondamente rossa del Madagascar (chiamata infatti L'Isola Rossa), per terra ci sono radici di manioca messe a seccare, o arachidi o mais anche a seccare.
Arrivati nel piccolo villaggio, siamo accolti dai bambini che ci studiano con curiosità e diffidenza
Incontriamo le donne del villaggio che si sono riunite in una associazione cooperativa per produrre manufatti di seta dai bachi che vivono nella foresta di tapia.L'associazione riunisce circa 300 donne in tutto.
Le donne ci invitano ad entrare nelle loro case e questa é veramente un'esperienza sacra, bellissima, arrivare nel villaggio e poter entrare nello spazio privato delle case, nell'intimità delle famiglie di queste donne e nella loro vita quotidiana.






Un'emozione dolce che mi porterò dietro, un'ospitalità serena e preziosa per noi visitatori.






Le case sull'altipiano hanno una struttura tipica, di carattere betsileo dalla popolazione che vi vive.Sono alte tre piani, strette ed alte, il tetto é di paglia, i muri di argilla.Al piano terra vivono le bambine con i polli, nel primo piano i bambini maschi con i genitori ed i nonni.All'ultimo piano (a cui si accede con una scala di legno) c'é il focolare e gli attrezzi più preziosi per la famiglia.Infatti il maggior pericolo qui nelle campagne sono i ladri di zebù e per difendersi la famiglia vive nel piano più alto della casa, se ci sono scorrerie di banditi o ladri di bestiame si tira su la scala di legno e si sta tutti dal focolare.La stanzetta con il fuoco é buia e soffocante con solo una piccola finestrella, non c'é canna fumaria ed il fumo rimane nella stanza.






























Sul fuoco le tipiche cocottes, pentole di latta prodotte qui in Madagascar.
Vicino alla stanza del focolare ce n'é un'altra dove quattro donne stanno preprando la seta.Infatti una volta raccolti i bachi da seta nella foresta, le donne tagliano i bozzoli e fanno bollire i bachi per mangiarli.Fanno poi bollire anche i bozzoli vuoti, in acqua e sapone, dopo averli impilati a gruppetti di 6/8 gusci gli uni sugli altri per creare come delle palline di bozzoli.





Questa prima ragazza impila infatti i bozzoli vuoti su uno stecchino di legno per creare le palline.Accanto a lei,siede un'altra donna con il filato grezzo ottenuto dalla bollitura dei bozzoli.La seconda donna fila a mano la seta grezza















Una terza donna arrotola poi il filo grezzo per farne delle matassine.Tutti i loro strumenti sono di semplice legno e realizzati a mano dalle donne stesse, che sono sedute su stuoie di paglia anche intrecciate a mano.






















Una quarta donna misura la lunghezza di filo necessaria per tessere una sciarpa, su un attrezzo di legno costruito per questa misurazione.La seta grezza é di colore marrone chiaro/grigio e piuttosto ruvida.


Usciti dalla casa faccimao un giretto per il villaggio.Oltre al riso, si coltivano patate dolci e manioca.Di queste due piante non si consumano solo i tuberi ma anche le foglie che vengono pestate in mortai e cotte.Ho assaggiato le foglie di manioca con maiale, piatto tipico dell'altipiano, sono piuttosto amare e non hanno un gran sapore, ma alla gente del villaggio forniscono un sovrappiù di vitamine necessario visto che la dieta principale é basata solamente sul riso.










Questo bambino sta appunto trasportando foglie di manioca.Tutti i bimbi sono portati sulla schiena dalla mamma o dalle sorelline più grandi.















Gli zebù, animali resistenti e che necessitano di poca acqua e cibo, sono un caposaldo della vita malgascia.Ne incontriamo ovunque.




















Entriamo quindi in un'altra casa dove una donna sta tessendo a mano una sciarpa di seta, aiutata dalla figlioletta che fila il filato grezzo.I telai sono di legno costruiti a mano dalla donne, ogni famiglia ne possiede uno.





Le donne betsileo sono particolarmente belle, con lunghi capelli liscissimi neri e lineamenti di origine indonesiana.















Provo anche io a tessere, ma il filo é molto delicato e lo spezzo due volte muovendo la spoletta!













Intanto nel villaggio la vita va avanti, come sempre in Madagascarsi vive molto fuori dalla casa, si secca e raccoglie il mais, si sta tutti insieme sulla soglia.









Si chiacchiera e si allatta, si gioca e si lavora osservando i movimenti degli strani vazaha stranieri (noi).



Il mais poi viene pestato come il riso nei tipici mortai di legno presenti in ogni cortile malgascio.









Le donne del villaggio ci hanno preparato il pranzo, ci laviamo le mani con secchio e tazza perchè a Soatanana come in molti villaggi non ci sono nè acqua corrente, nè elettricità.






Mangiamo nei tipici piatti e tazzine di latta dipinta.



Riso rosa bollito, la qualità di riso più pregiata, quella che si prepara per gli ospiti.



Pollo bollito con il suo sughetto



e ceci in zuppa,deliziosi.



Da bere, acqua di riso bollente.Questo é il classico pranzo malgascio.















Mentre mangiamo, le donne si sono riunite tutte nel cortile ed hanno esposto in terra in un collage multicolore le loro sciarpe di seta tessute a mano.






I colori delle sciarpe sono bellissimi e così sono le donne, allegre, sorridenti, che aspettano con pazienza mentre noi guardiamo le sciarpe esposte, mentre i bambini giocano nel cortile, i polli girovagano, gli zebù ruminano attorno a noi ed i mariti delle donne sono nelle risaie a lavorare.









Ci sentiamo accolti e benvenuti in questo piccolo villaggio, che ora mi sembra letteralmente in un altro mondo, in una realtà completamente diversa e lontana dalla nostra, in un'altra epoca, dove tutto é dettato dal ciclo del sole, dove si é un tuttuno con la natura, con la terra, con gli animali.Dove polli e bambini crescono insieme, sempre all'aria aperta, liberi, scalzi.



Certo, viverci non é per niente facile.L'ospedale più vicino é a due ore di macchina (e bisogna avere una macchina, che qui nessuno ha).Le donne partorisocno in casa da sole.



I bambini vanno a scuola ogni tanto, a piedi, camminando per chilometri sotto il sole.



Ma in questo villaggio, nelle poche ore in cui stiamo con le donne, si respira una profonda aria di serenità e di armonia.
Poi ripartiamo, le nostre scarpe da ginnastica si impolverano di nuovo di terra rossa, i bambini accorrono e ci salutano ora meno timidi, le donne ringraziano per la visita.
Qui un video della strada rossa, polverosa e dissestata che ci porta fuori da Soatanana: si vedono le risaie, gli zebù, i mattoni di argilla che seccano al sole ed i fragili ponti di legno su cui passiamo.
















A Soatanana ho comprato due sciarpe fatte dalla donne, il 10 % di ogni prezzo andava all'associazione delle donne, un altro 10 % per cassa comune per comprare nuovi utensili per tessere ed il restante 80 % alla donna che l'aveva tessuta a mano.



Una sciarpa é marroncina, del colore della seta grezza naturale.





L'altra sciarpa é invece più grande, a strisce colorate ottenute tingendo la seta con materiali naturali:il giallo con il curry,il marrone da un fungo, il verde dalle foglie del frutto della passione.Il piccolo villaggio di Soatanana e le sue donne timide e sorridenti che si sono associate per collaborare e migliorarsi, mi rimarranno nel cuore come eroine di un mondo perduto, che conoscono i segreti dei bachi da seta e della vita semplice tra le risaie dell'altipiano.


(Scusate,non so perchè il post rimane formattato così male!)

domenica 3 luglio 2011

Madagascar: viaggiare in taxi-brusse

Nel nostro viaggio in Madagascar, ci siamo appoggiati all'agenzia solidale Viaggi e Miraggi, che propone viaggi di turismo etico e responsabile, affinchè il viaggiare non sia un mordi e fuggi turistico e soprattutto non porti ad un ulteriore sfruttamento di tanti paesi e popolazioni già in difficoltà politico-economiche o ambientali.
Anche l'anno scorso in Armenia ci eravamo appoggiati ad un'agenzia di turismo solidale (Viaggi Solidali), anche quest'anno il nostro viaggio ha così potuto offrire un supporto concreto ad una associazione locale a cui é andata una quota del viaggio.
Purtroppo (e lo dico con vergogna) molti nostri connazionali scelgono come meta malgascia Nosy Be, isolotto nel nord del Madagascar, sede di resort e villaggi turistici che sono costosissimi ma NON di proprietà malgascia, anzi di proprietà di ricche multinazionali occidentali, quindi una vacanza lì NON porta alcun benessere o accrescimento alla popolazione locale, ma genera invece sfruttamento ambientale ed economico oltre che un orribile turismo sessuale.
L'isola é infatti un pezzo di Europa trapiantato in Africa, con tutte le sue brutture: eco-mostri architettonici, inquinamento, sfruttamento della manodopera locale, lavoro e prostituzione minorile, spaccio.
Quindi vi preghiamo:NON ANDATE a Nosy Be, non alimentate questi traffici di sfruttamento Nord-Sud!!
Nel nostro viaggio abbiamo seguito le tappe Antanananarivo (capitale)-Ambositra-Fianarantsoa-Manakara-Ranomafana-Fianarantsoa-Antsirabe-Anatananarivo (potete vedere una cartina del Madagascar qui).
Per sportarci abbiamo utilizzato i mezzi locali, per le tappe più lunghe cioè i collegamenti tra le varie città ci siamo serviti dei taxi-brusse:pulmini Mazda o Peugeot riadattati per contenere circa 20 persone (a volte anche di più) disposte su 5 file di 3 sedili ciascuna.
La distanza tra i sedili é minima, una volta seduti non ci si può alzare fino alla fermata del mezzo perchè non c'é corridoio, si é seduti in 4 per fila (su 3 sedili).

Sul tettino si caricano alla bellemeglio valigie, borse, sacchi di riso, paglia o carbone, scatoloni contenenti ogni tipo di merce, ceste con polli e/o pulcini vivi e pigolanti, ceste ripiene di frutta tropicale, stuoie.

Una vera caverna di Ali Babà viaggiante su 4 ruote cigolanti.


Il viaggio in taxi-brusse é spesso una faticosa tirata, con zero spazio per muovere le gambe, sovraffollamento e sballonzolii.

Ma é anche uno dei tratti più caratteristici dell'africa, in Ghana si chiamavano tro-tro, oltre che l'unico mezzo di trasporto per spostarsi tra le grandi città senza avere un autista privato.

Il costo di un viaggio in taxi-brusse si aggira sui 10.000 aryay a persona per le singole tratte che abbiamo percorso (cioè circa 4 euro a persona per un tragitto di 4/7 ore).

I taxi-brusse si ritrovano nella stazione cittadina, hanno indicata su una targhetta la destinazione, e partono solo quando sono pieni, cioè quando ogni posto é stato occupato e pagato sul mezzo.

La partenza quindi può slittare (slitta sempre) di un paio d'ore finchè non si é raggiunto il numero di passeggeri previsto.

Il tragitto stesso é poi indicativo,può richiedere 7 ore oppure 4 e mezzo, molte sono le dinamiche:la condizione della strada, la presenza o meno di carburante nelle stazioni di benzina, il numero di passeggeri, le condizioni atmosferiche, l'autista ed altre mille variabili che rendono il viaggio una continua scoperta (ad esempio la lunghezza della pausa pranzo, il tempo necessario a legare/slegare i bagagli dal tettino).




Gli spostamenti in taxi-brusse impongono ad una grande dose di pazienza, già prima della pazienza, nell'attendere il sempre ritardato inizio del viaggio nelle affollate e caotiche stazioni dei taxi-brusse.

Invitano poi alla pazienza anche durante il tragitto, pressati tra i sedili, con la musica malgascia al massimo volume ascoltata dall'autista ininterrottamente, con buche e crepe e curve della strada da attraversare lentamente ballonzolando gli uni contro gli altri come amichevoli sardine.


Viaggi faticosi, in cui per far passare il tempo si dormicchia, si pensa, si riflette, si guarda per ore il paesaggio malgascio sfilare davanti agli occhi con la sua terra color rosso vivo e la vegetazione che cambia a seconda della regione.

Viaggi in compagnia di vecchi,bambini neonati che piangono o mangiano, donne.


Viaggi in cui se va bene si riesce anche un po' a leggere qualche pagina di un libro o a mangiucchiare qualcosa se non ci sono troppi scossoni.

Viaggi in cui non siamo più solo i soliti vazha (bianchi) ma in cui siamo sullo stesso mezzo in mezzo ai malgasci, come loro stanchi e sporchi e stufi del viaggio e delle curve.

Uno dei sensi del nostro viaggio é forse questo:

oltre al vedere e al fare, il senso può essere quello di semplicemente rimanere, di essere per qualche ora come malgasci tra i malgasci, senza facilitazioni, senza comodità turistiche, ugualmente pressati e stretti come loro, insieme a loro.

Qui vi lascio un piccolo video filmato in un estenuante viaggio in taxi-brusse tra Ambositra e Fianarantsoa, il più faticoso del viaggio, con una partenza rimandata di ore per via della pioggia e della penuria di carburante in città, e con un tragitto pieno di curve che ci ha messo il doppio del tempo previsto, con un autista che per tutto il tempo ha ascoltato musica assordante al massimo volume.

Una volta arrivati eravamo esausti, io sull'orlo delle lacrime per la fatica e per l'enorme confusione della stazione dei taxi-brusse di Fianarantsoa, con una massa di gente che ci circondava, chiamava, toccava.

Ma ora se ci penso capisco che effettivamente il nostro viaggio é stato questo:

rinunciare alle bianche spiagge sabbiose, ai resort e ai villaggi turistici, e immergerci per tre settimane in un mondo completamente diverso dal nostro.

sabato 2 luglio 2011

Madagascar





Siamo tornati giovedì,

ho in mente mille immagini, visi, sorrisi, di tutte le persone e soprattutto i bambini incontrati in Madgascar nel nostro viaggio di tre settimane su e giù per il paese con i mezzi locali.

In spalle un enorme bagaglio di esperienze, di quello che abbiamo visto, sperimentato, imparato.

Una matassa di informazioni, emozioni difficili da districare anche perchè spesso emozioni contrastanti.

L'Africa mi affascina, mi rallegra, mi fa terribilmente arrabbiare, mi rattrista, mi indigna, mi interroga con mille domande di cui non so risposta, mi da speranza, mi colpisce.

Il Madagscar con le sue risaie e gli zebù, con le città caotiche sporche disordinate in una bolgia infernale, i villaggi pieni di pace spersi nel nulla, la foresta pluviale, l'oceano indiano, un bambino su ogni schiena, la terra rossa, la polvere, i lemuri, i suoi tanti poveri che vivono in una miseria disarmante, le piroghe, la vaniglia, i pescatori, le aragoste, i risciò.

Ho tanto da raccontare, tanto ancora da digerire, metabolizzare, abbiamo visto e vissuto così tanto, ma sono felice di essere ritornata a casa, aver riabbracciato la mia famiglia, oggi siamo stati al matrimonio di due carissimi amici, stasera ci sarà la festa per gli 80 anni di mio nonno Lorenzo, domani invece il battesimo di Iacopo, lunedì si ricomincia a lavorare e devo ancora preparare tutti i giochi ed i laboratori estivi per i bambini.

Mi manca l'africa e spesso mi scorrono in mente come sovrapposti tutti i visi di chi abbiamo incontrato.

Pian piano districherò la matassa e vi racconterò della nostra esperienza malgascia.

Per ora, buon weekend e un abbraccio grande!