sabato 30 agosto 2014

Il gioco delle matrioske


In questa estate di lavoro ho imparato moltissimo sul mio ruolo di educatrice.
A differenza di altri mestieri, questo è una sfida continua, perché mentre lavoro con un bambino, per un bambino, molto più grande è il lavoro che devo fare su me stessa, con me stessa.
 Essere un educatore non è semplice proprio perché richiede questa doppia fatica: ogni ora, ogni gioco, mettono in discussione prima di tutto me, mi interpellano in modo profondo.
Dal di fuori sembra facile, scontato: in fondo, si tratta solo di giocare con dei bambini!
Di accompagnarli al parco, di passare con loro mattine o pomeriggi, di compare un gelato...
In realtà no: per essere un educatore bisogna prima di tutto, prima ancora che arrivino i bambini, saper stare con se stessi, in propria compagnia. Conoscersi, conoscere la propria storia, il proprio vissuto, saper riconoscere e gestire le proprie emozioni. Un bambino ci interpella sempre: ci interpella con i suoi bisogni, con le sue richieste, le sue domande, le sue paure.
Ci interpella ad aver affrontato noi prima quei bisogni, quelle domande, quelle arrabbiature, quelle paure. Un bambino mette in crisi, porta allo scoperto ricordi, ci mette di fronte a scelte valoriali, a compromessi, interroga la nostra verità.
Cosa voglio trasmettere a questo bambino mentre giochiamo insieme?
Cosa considero giusto, cosa sbagliato? Cosa correggo, dove intervengo, dove lascio correre?Perché?
Cosa voglio insegnarli? Cosa lui può insegnare a me?
Cosa ricorderà di quanto facciamo insieme, cosa vorrei gli rimanesse dopo questa estate, dopo questi mesi?
Per questo motivo essere un educatore, una maestra, un genitore, presuppone questo doppio gioco: io sto con te, ma intanto è su di me che lavoro, giorno dopo giorno, per capirmi, conoscermi.
L'educazione non è e non può essere a senso unico, non è un trasmettere e basta, dall'adulto al bambino, ma un mescolarsi continuo, un cambiare posizione. Mi piace questo lavoro, che è una sfida, che spesso lascia sfibrati e senza forza perché no, non si è trattato solo di giocare o di badare ad un bambino, ma di mettersi in ascolto profondamente, di lasciarsi interpellare nelle nostre debolezze.
Ad esempio, mi sono resa conto di uno scoglio: io mi trovo molto bene con bambini vivaci, con quelli definiti (a torto) irruenti e impossibili. Mi diverto, mi affascina lo spirito libero e ribelle, l'entusiasmo, l'energia. Fatico moltissimo invece a stare di fronte ad un bambino calmo, magari più debolino, più fragile, più spaventato, timido, che piange spesso e facilmente...è una fatica grande.
Ma non è la fatica solo di quel momento, di spronare, incoraggiare, spingere a provare, è una fatica che mi dice qualcosa di me in senso più ampio. Cosa quel bambino mette in discussione in me?
 Forse la mia irrisolta volontà di essere uno spirito catalizzatore, estremamente carismatico, simpatico e brillante "nella società" quando in realtà non è così, io sono una persona molto più tranquilla, introversa, che agisce a piccoli passi.La mia difficoltà come educatrice allora non è solo nello stare lì al parco giochi, con un bambino che ha paura di andare sull'altalena, di incontrare gli altri bambini, ma è un portare alla luce altre caratteristiche mie, sulle quali c'è ancora da lavorare.
Accettare l'individualità specifica di un bambino, anche quando non mi piace, quando la trovo sciocca o irritante, è nel contempo accettare le parti di me che non mi piacciono, accoglierle, capirle.Buffo come dietro ad una passeggiata, ad una merenda condivisa, ci siano tanti pensieri, tanto scavo da compiere. Interessante notare come le emozioni che vorrei contenere in un bambino e che mi danno più fastidio forse sono proprio quelle che fatico a gestire in me o che ho faticato a gestire da bambina.Ma non rinuncerei mai a questa scoperta continua, di me, dei bambini che seguo, della molteplicità umana, in fondo, perchè se provo a capire un bambino inevitabilmente mi trovo a confrontarmi anche e soprattutto in modo molto forte con le scelte, le idee, i valori dei suoi genitori.
Allora ancora altre sono le domande che sorgono, molte le finestre che mi si aprono sulle diverse realtà di tante famiglie. Di nuovo si scava, per cercare di capire il bambino interiore in quell'adulto, i suoi bisogni, le sue paure, il suo percorso. Un gioco di matrioske, dove strato dopo strato si cerca di trovare luce nel guazzabuglio delle anime umane, un gioco in cui come sempre nella vita, tutto è collegato. Dal basso, è da lì che si comincia, ed è uno scavare e un innalzarsi allo stesso tempo. Scavare nella propria storia e aiutare un bambino a creare la sua storia, quella giusta per lui, anche quando io la scriverei in modo diverso, anche quando cambierei personaggi e sceneggiatura.
Imparare a stare nella situazione e alla fine di tutto, sperabilmente, trasmettere ad ogni bambino che incontro come stare nella sua specifica individualità e come farla sbocciare nei tempi, nei modi e nelle emozioni che le si confanno.



 

2 commenti:

  1. Carissima Daniela, quali grandi pensieri e speranze evoca questo tuo post in me. Mi chiedo ogni giorno, con tanti dubbi e perplessità, se ed in che modo le educatrici della mia piccola riescano ancora, dopo anni di lavoro , a porsi con questo approccio ai bambini. Mi chiedo sempre se saranno in grado di comprendere l'individualità di tutti i bambini a loro affidati e di aiutarli a crescere nel rispetto di se stessi. A volte ho paura, del resto i fatti di cronaca e le risapute mancanze della scuola pubblica non aiutano ad avere fiducia, ma ho paura anche di non essere in grado, in qualità di madre, di capire le reali esigenze di crescita di mia figlia e di commettere di conseguenza gli stessi errori, che seppur in buona fede, i miei genitori hanno commesso.
    Però tu mi dai la speranza, perché le riflessioni che condividi dimostrano l'amore che provi per il tuo lavoro, il desiderio di crescere come individuo per aiutare a crescere individui consapevoli. Ecco, è la tua consapevolezza che mi dà speranza. Grazie.

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  2. Che conicidenza Daniela, proprio in questi giorni riflettevo sull'educazione dei figli, dal punto di vista genitoriale e non di educatrice. E come ogni volta è un lavoro su di noi e come sia importante per noi genitori il dover lavorare su noi stessi perchè i figli sono uno specchio, ti pongono continue sfide e riflessioni ed è importante essere più che mai centrati e concentrati su noi stessi. Ma pochi, purtroppo, partono da questo punto , almeno riguardo a ciò ke osservo io, sia per quanto riguarda i genitori che gli educatori. Ma se solo si capisse questo gioco, come lo hai chiamato tu, di matrioske ci sarebbero meno conflitti e più persone felici. Anzi ti volevo chiedere se puoi consigliarmi libri interessanti su questi argomenti, sull'educare e sulla nostra personale crescita. Grazie perchè non si finisce mail di lavorare....

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Grazie per ogni tuo commento :-)