Come molti altri, ci troviamo in un momento di scelte, e anche di rinunce, date dalla situazione lavorativa, e da quella più generale della crisi economica, e mi piacerebbe vedere questi fatti contingenti anche da altre prospettive, quindi perché non leggere un po' di esperienze altrui sulle scelte di spesa, di vita sostenibile, di risparmio?
Questo libro di Judith Levine é molto scorrevole, divertente da leggere e mai pedante, e queste sono buone caratteristiche a suo favore, perché, pur essendo un saggio, non ha un'impostazione didattica, ma é un vero e proprio diario, piuttosto ironico, dell'anno in cui l'autrice decide di "non comprare".
Il contenuto del libro però, non mi ha convinta del tutto, soprattutto perché l'autrice, sebbene attiva in questa campagna contro il consumismo sfrenato, ha di base una vita molto diversa dalla mia (nostra),il che rende il libro carino e divertente ma distante dalla nostra vita quotidiana.
Innanzitutto, le condizioni anagrafiche:l'autrice ha 50 anni e convive con il suo compagno da molto tempo quando decide di tentare quest'esperimento del non acquisto, mentre noi di anni ne abbiamo 26 e siamo appena sposati.Com é evidente, le esigenze di vita della loro coppia e della nostra sono molto diverse:loro hanno alle spalle una passata vita da consumisti americani, noi al consumismo non ci siamo mai veramente avvicinati.L'autrice, ad esempio, decide di iniziare il suo esperimento dopo aver prosciugato la sua carta di credito per comprare i regali di Natale, cosa che francamente non mi é mai successa nè credo mi potrebbe mai capitare (se si prosciugasse sarebbe per l'affitto, non per regalini etc!).
Si, insomma, l'autrice porta avanti il suo esperimento, ma é pur sempre una giornalista che guadagna 50.000 dollari l'anno (nel 2001) quindi non é proprio una poveretta costretta al risparmio.Ha due case, tre macchine, insomma una solida vita di consumo già avviata, ben diverso da chi la vita deve ancora (quasi) iniziarla.
Il suo esperimento mi é sembrato proprio il classico down shifting americano: abbiamo soldi, agi, possibilità, ma decidiamo per il bene nostro e dell'ambiente di ridurre i consumi, il che va bene, ma non comporterà i grandi sacrifici che deve affrontare chi, invece di scendere dal consumo, non ci é nemmeno mai salito.
E poi c'é sicuramente un'altra differenza di fondo:le tentazioni consumistiche di una giornalista freelance affermata che vive a New York sono sicuramente maggiori che non quelle che possiamo avere noi qui a Cuneo.Insomma, qui non c'é sicuramente tutta quella ressa di spettacoli, film, concerti, dibattiti, a cui l'autrice sceglie di rinunciare per non spendere, quindi in un certo senso noi non viviamo come un sacrificio il non andarci, il nostro stile di vita é già per conformazione molto meno mondano, visto che l'offerta qui non é né vasta né martellante (e se c'é é per fortuna gratuita o a poco prezzo).E non mi sento nè ci sentiamo ossessivamente frustrati perché non possiamo permetterci alcune cose che ci piacerebbero:siamo abituati a risparmiare e a rinunciare, e abituati molto bene a riciclare e farci bastare quello che abbiamo.Non sono frustrata se non vedo un film al cinema e devo aspettare di vederlo in altro modo, come é invece frustrata l'autrice: ci sono perfettamente abituata e le sue lamentele ed i suoi sforzi mi sembrano francamente un po' eccessivi per un bene come un film o un abbonamento che non sono legati alla sopravvivenza e alla necessità di vita.
Il libro quindi risulta un po' distante, e anzi non va a toccare secondo me i veri problemi economici che "la gente normale" deve affrontare, mantenendo la prospettiva puramente down-shifters di una agiata coppia newyorkese e progressista.Ad esempio, l'autrice spende molto per promuovere e sostenere il partito democratico durante le elezioni, anche se si tratta del suo anno senza spesa.Ora non venitemi a dire che per una famiglia "normale", alle prese con tagli economici, sostanziosi sostegni ad un partito per le elezioni siano da considerarsi un bene strettamente necessario, cioè gli unici beni per i quali l'autrice può spendere durante l'anno di esperimento.
Pur stando queste sostanziali differenze di base che rendono il libro piuttosto irreale se non "un'americanata",un punto interessante é invece quando l'autrice si domanda come sia possibile mantenere una chiara identità sociale e culturale senza consumo, senza cioè ad esempio partecipare a determinati eventi culturali, leggere certi libri, o vedere certi film (di cui l'autrice si priva durante l'anno di esperimento).Questo é il punto più interessante del libro, che mi porta a riflettere ancora maggiormente di quanto io faccia di solito, prima di comprare qualcosa.Mi serve veramente?Perché lo compro?Forse non per l'oggetto in sè ma per quello che rappresenta per la mia identità?Certo, é sempre così se ci penso bene:ogni scelta di acquisto che faccio, per quanto ponderata, é anche per rispondere a un bisogno di identità, per quanto possa essere un' "identità alternativa".Se compro al negozio biologico,invece che al supermercato, sto comunque comprando, e nel 90% dei casi sto comprando prodotti di cui non ho un'effettiva necessità (insomma non ho allergie che necessitano che io beva latte di soia, mandorla o riso, per dire, o di mangiare pasta integrale).Mi sembra di fare meglio perché non seguo il mercato di massa, ma in realtà, anche quando compro biologico o equo e solidale, rispondo a bisogni in larga parte indotti dall'esterno, per rafforzare la mia identità, e lo faccio comunque spendendo e comprando, mantenendo cioè in circolo il mercato.
Eppure, se spendo bene, se spendo cioè con criterio e cercando di evitare la frenesia inutile e compulsiva, se scelgo oggetti che siano utili e funzionali ma anche esteticamente belli o piacevoli (es.un bel libro),e non oggettistica scadente, non riesco a vederlo come qualcosa di sbagliato a priori.Questo é quello che cerco di fare, per necessità perché ci sono poche risorse, per eticità perché ritengo immorale superare un tot. di spesa per un oggetto ad esempio funzionale (una borsa, un paio di scarpe: mi basta che assolvano alla loro funzione di scarpa o di borsa, non mi interessa della moda o del marchio).Prima di comprare aspetto,a volte svariati mesi, e per un'occasione speciale poi decido di acquistare.Ad esempio, dall'inizo di quest'anno volevo comprarmi il DVD di Babies, e me lo sono ordinata adesso ma per Natale, dopo aver aspettato a lungo.
Il libro sembra invece quasi suggerire che ogni consumo sia sbagliato, ma lo fa a volte con un po' di snobismo intellettuale che rende il contenuto del libro anche fuorviante: facile scegliere di fare un esperimento di un anno senza spese solo per il gusto di provarci ma senza esserne costretti dalla necessità e sapendo comunque di avre già accantonato molti risparmi in precedenza.
Qualcuno di voi ha letto il libro?
Cosa ne pensate?
Non ho letto questo libro, non lo leggerei sapendo chi l'ha scritto... troppo facile un esperimento su quelle basi, preferirei leggere righe di chi ha svoltato cambiando definitivamente vita.
RispondiEliminaIo risparmio dove posso, compro quando il frigo è vuoto e in dispensa le cose stanno per finire, riciclo l'acqua di shampo, doccia e lavaggio verdura per lo scarico...a mia figlia accorcio i vestiti un anno per riallungarli l'anno dopo... ma si possono fare una kiriade di cose e io sono solo all'inizio... ovviamente sia per necessità che per aver preso coscienza quando son diventata mamma(12anni fa) che il mio spreco grava sulla madre Terra e sul futuro dei figli!
scusa, volevo scrivere "miriade" e non kiriade.
RispondiEliminaBuon finesettimana!
Ancora uno di questi libri...Per fortuna l'hai letto tu prima di me, perché altrimenti ci sarei cascata un'altra volta....
RispondiEliminaQuel film Babies che citi mi sembra qualcosa di meraviglioso...Io sono compulsiva sto correndo subito ad acquistarlo!!!
ps. dove lo hai trovato? Non riesco a trovarlo!
Interessante, molto! Anche io ho letto un libro di impronta molto simile a questa, ma marcava poco sul consumismo sfrenato. Anche io bevo latte di soia, compro biologico e qualche volta equo e solidale [come farò per i regalini di Natale], ma non per questo credo di distaccarmi da un consumismo di massa per aderirne ad un altro. Cioè: l'acquisto di the, di latte, di cacao, di pasta, di verdura e frutta...è comunque qualcosa che farei a prescindere, scelgo di acquistarla altrove per altri motivi, quali favorire il mercato mondiale più povero, mangiare più sano, aiutare i piccoli contadini diretti che allestiscono mercatini nella mia città. Questo perché? Sostanzialmente perchè voglio scegliere una strada diversa, pur sempre condizionata, questo è vero, ma se mi documento, studio, so anche fare una scelta ponderata per i miei acquisti. Il futile, il non necessario...aspetta, come giustamente fai tu, ma il necessario ed i bene di primaria importanza...li acquisto dove oltre a trarre beneficio io, salutare, aiuto qualcun altro. Le tasche ne risentono un pò, e quindi acquisto meno...ma sono scelte. E noi dobbiamo esserne fiere!
RispondiEliminaUn bacione!
Questo libro l'ha letto da poco una mia amica e si ci sono spunti interessanti, ma allo stesso tempo ne abbiamo discusso parecchio e io mi sento di criticarlo. Voglio dire..secondo me la soluzione non è evitare ogni tipo di consumo (questo ci renderebbe degli automi, che non possono neanche gioire di piccole cose, come un libro, una maglietta nuova, o cose simili). In verità, gli americani spendono e spandono in quantità, quindi il nostro modo di vita italiano è già molto distante. Noi siamo già un paese meno spendaccione, più attaccato a ciò che è davvero utile. Gli americani invece tendono di più a fare follie. Ovvio che questa è una definizione generalizzante, ma cmq in America ci sn molte più persone con stipendi stratosferici e poi tutte le mode più stravaganti vengono da la. Tipo farsi un lifting al mese, o comprare macchine assurde, costruire ville stratosferiche; qua in Italia anche volendo, sono pochi quelli che possono permetterselo. Io sono la tipica persona che medita moltooooo lungamente su ogni acquisto e compro solo ciò di cui ho bisogno. E comprarsi un libro ogni tanto è un bisogno per l'anima per esempio. L'importante è non comprare cose futili. Che ne so, comprarsi l'ennesimo paio di scarpe da mettere nell'armadio e usare una volta l'anno. Ma se io ho bisogno di vestiario, non vedo perché eliminare anche la gioia di comprarsi un capo nuovo se questo risulta indispensabile. Non so...io nn amo gli estremismi. penso che se tutti fossero oculati nelle spese come lo sono io, o tu, o tanti altri di noi, gli sprechi diminuirebbero parecchio. Io faccio già molto nel mio piccolo...ma ci sono persone che proprio sprecano quello che hanno e nn riesco davvero a capirle.
RispondiEliminaAnche io rimango sempre un po' così davanti a questi libri, preferisco i blog sull'argomento, magari naif e semplici, ma diretti e schietti. Mi sembra quasi che se una grande casa editrice pubblica un libro, quasi quasi tutto la premura che abbiamo noi nel fare i conti, forse l'autore non la ha. Comunque anche noi, come voi, diamo priorità ai viaggi, pensiamo mesi prima di un acquisto e eliminiamo letteralmente il superfluo. E alla fine va benissimo così, non mi lamento di quello che ho, anzi sono fortunata. Mi lamento piuttosto a volte di quello che c'è intorno, ma è un'altra storia ;)
RispondiElimina@ alchemilla:ho torvato il dvd su Amaz*n.com digitando "Babies Balmes" (il nome del regista) nella sezione Tv e film.Anche se Amaz*n UK dovresti trovarlo!
RispondiElimina@Grazie però non lo spediscono...
RispondiEliminaChe coincidenza: l'ho iniziato a leggere qualche giorno fa.
RispondiEliminaRipasserò a fine lettura per lasciarti le mie riflessioni.
Buona serata. :)
Un'ottima recensione!!! Hai analizzato bene tutti i punti di vista... e penso che anch'io inizierò l'esperimento NON comprando per esempio questo libro ah ah :) !!! Giustamente certi discorsi devono contenere un'etica... non il semplice gioco di chi comunque se lo può permettere, forse sarebbe più interessante leggere le esperienze di donne comuni che si arrampicano sugli specchi in questa nostra quotidianità per arrivare alla fine del mese, comprando e spendendo SOLO il necessario per far campare la loro famiglia :)
RispondiElimina... Le rinunce sono un elemento costante della mia vita..Tendenzialmente risparmiatrice, ogni tanto incappo in qualche desiderio che assecondo salvo poi equilibrare la situazione e risparmiare altrove! La vita di due consumisti americani è davvero troppo distante dalla mia...anche se avere maggiori possibilità non mi dispiacerebbe;-)
RispondiEliminal'ironia di tutto questo e' COMPRARE un libro che invita a non COMPRARE.
RispondiEliminaE per inciso, Daniela, lasciamelo dire per esperienza diretta, visto che qui ci vivo: questa signora e i suoi pari non sono "Consumisti Americani" ma New York leftists, cioe' intellettuali di sinistra con appartamento a Manhattan e vista su Central Park.
Per essere rivoluzionari comunisti bisogna essere ricchi sfondati, a cominciare dal buon Marx, che sposo' una ricca donna piu' vecchia di lui e non alzo' mai un dito per lavorare davvero, quindi ebbe il tempo e l'agio di scrivere il Capitale.
Quello che trovo davvero nauseante e' l'ipocrisia di questi signori che giocano alla rivoluzione e al sovvertimento del capitalismo per sfizio.
Bello avere cosi' poche preoccupazioni economiche che si puo' giocare afare i poveri per un anno.; Uno solo, eh...poi si ritorna a bere lo champagnino ai vernissages a New York.
Ti fossi comprata due kili di cioccolato fondente al posto del libercolo in questione ti saresti fatta piu' bene. Shalom
Anche io volevo leggerlo ma avevo il sospetto che si trattasse di un libro che semplificasse un pò il discorso del downshifting...cosa che tu mi confermi!:-)
RispondiEliminaAnzi, Daniela, ti consiglio un altro libro, se posso permettermi:
RispondiElimina“Against Thrift: Why Consumer Culture is Good for the Economy, the Environment, and Your Soul”,di James Livingston
@ anna:grazie per la segnalazione del libro, lo cercherò molto volentieri!
RispondiEliminacara, la tua recensione è simpatica.
RispondiEliminanella nostra vita di giovani sposi squattrinati (ora siamo sposi squattrinati di mezza età...e con quattro figli) ci ha aiutato molto nelle nostre scelte seguire i bilanci di giustizia. non siamo mai stati "veri" bilancisti, ma segnavamo su un quaderno tutte le spese (perchè di soldi ne avevamo pochini) e le abbiamo segnate seguendo la "griglia" proposta dai libri dei "bilanci di giustizia". abbiamo capito cose interessanti di noi, che non sospettavamo. abbiamo deciso di "spostare" volontariamente denaro, togliendolo da ambiti in cui non ci identificavamo verso ambiti più gratificanti e più consoni alla nostra sensibiltà. è stato importante, proprio nei primi anni di matrimonio, nel dare uno stile alla nostra nuova famiglia!
buon cammino!